Anche quest’estate in Italia è difficile trovare una spiaggia libera dove prendere il sole. A pesare sono un mix di fattori, sociali ed ambientali: la crescita in questi anni delle concessioni balneari, che sono arrivate a 12.166, l’aumento dell’erosione costiera, che riguarda circa il 46% delle coste sabbiose, e infine il problema dell’inquinamento delle acque, che riguarda il 7,2% della costa sabbiosa interdetto alla balneazione per ragioni di inquinamento.
A fare il punto della situazione è il nuovo rapporto di Legambiente «Spiagge 2022», diffuso a pochi giorni dall’approvazione del Ddl concorrenza che pone finalmente fine alla proroga infinita alle concessioni balneari, fissando l’obbligo di messa a gara dal primo gennaio 2024, così come deciso dalla sentenza del Consiglio di Stato.

Rimangono alcuni nodi da risolvere, su cui il rapporto si concentra: la scarsa trasparenza sulle concessioni balneari, i canoni per buona parte ancora irrisori, la non completezza dei dati sulle aree demaniali e soprattutto l’assenza di un regolare e affidabile censimento delle concessioni balneari e in generale di quelle sul Demanio marittimo.

Quest’ultimo punto emerge chiaramente: il dato sui canoni di concessioni è fermo al maggio 2021. Parliamo, in particolare, delle 12.166 concessioni per stabilimenti balneari, secondo i dati del monitoraggio del Sistema informativo demanio marittimo. In alcune Regioni troviamo dei veri e propri record a livello europeo, come in Liguria, Emilia-Romagna e Campania, dove quasi il 70% delle spiagge è occupato da stabilimenti balneari. Nel Comune di Gatteo, in Provincia di Forlì e Cesena, tutte le spiagge sono in concessione, ma anche a Pietrasanta (Lu), Camaiore (Lu), Montignoso (Ms), Laigueglia (Sv) e Diano Marina (Im) siamo sopra il 90% e rimangono liberi solo pochi metri spesso in prossimità degli scoli di torrenti in aree degradate.

Anche se l’approvazione del Ddl concorrenza ha portato un’importante novità, per l’associazione ambientalista sono ancora molti gli ostacoli da superare per garantire una gestione delle coste attenta alle questioni ambientali. Per questo Legambiente lancia un pacchetto di cinque proposte affinché nella prossima legislatura si arrivi ad avere finalmente una legge nazionale per garantire il diritto alla libera e gratuita fruizione delle spiagge e allo stesso tempo un quadro di regole e un quadro di regole certe che premino sostenibilità ambientale, innovazione e qualità. Cinque i pilastri su cui si dovrà concentrare il lavoro: garantire il diritto alla libera e gratuita fruizione delle spiagge, premiare la qualità dell’offerta nelle spiagge in concessione, ristabilire la legalità e fermare il cemento sulle spiagge, definire una strategia nazionale contro erosione e inquinamento e un’altra per l’adattamento dei litorali al cambiamento climatico.

«In Italia – spiega Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – non esiste una norma nazionale che stabilisca una percentuale massima di spiagge che si possono dare in concessione. L’errore della discussione politica di questi anni sta nel fatto che si è concentrata tutta l’attenzione intorno alla Direttiva Bolkestein finendo per coprire tutte le questioni, senza distinguere tra bravi imprenditori e non, e senza guardare a come innovare e riqualificare. È un peccato che non si sia riusciti a definire le nuove regole in questa legislatura, in modo da togliere il tema dalla campagna elettorale. Occorre, infatti, dare seguito alle innumerevoli sentenze nazionali ed europee, altrimenti si arriverà presto a multe per il nostro Paese per violazione delle direttive comunitarie e, a questo punto, anche di una legge nazionale che stabilisce di affidarle tramite procedure ad evidenza pubblica a partire dal primo gennaio 2024».

Nel report, Legambiente ricorda che tra i nervi scoperti c’è anche la scarsa trasparenza dei canoni pagati per le concessioni e la non completezza dei dati sulle aree che appartengono al demanio dello Stato. Grazie però alla relazione della Corte dei Conti «La gestione delle entrate derivanti dai beni demaniali marittimi» si scopre che per il 2020 le previsioni definitive sull’ammontare dei canoni parlano di 104,8 milioni di euro in totale in Italia, ma di una cifra accertata di 94,8 milioni, di cui 92,5 milioni riscossi. Si tratta di un decremento del 12% rispetto al 2019, in parte, secondo la relazione «da ascriversi alla situazione straordinaria generatasi dall’emergenza epidemiologica da Covid-19 e dai conseguenti numerosi provvedimenti normativi emanati per fronteggiarla». Rispetto al giro d’affari miliardario del settore, sembra quasi che allo Stato non interessino i canoni delle spiagge.