I neuroscienziati dell’università di Yale sono riusciti a ripristinare alcune funzioni in un cervello di maiale prelevato da un animale macellato quattro ore prima. Il risultato è stato pubblicato sull’ultimo numero della rivista Nature e sta sollevando diversi interrogativi anche dal punto di vista bioetico.
I ricercatori, dopo estratto il cervello dal cranio, hanno fatto passare una soluzione chimica artificiale nei vasi sanguigni in modo da fornire ossigeno e nutrienti alle cellule del cervello. La soluzione è stata denominata BrainEx.

Dopo la perfusione, hanno rilevato la ripresa di attività cellulare nel cervello del maiale, con l’arresto del processo di morte cellulare, la presenza di risposta infiammatoria e l’attività neurale spontanea nelle sinapsi. Se fosse confermato e se entrasse nella normale pratica medica (ma ci vorranno molti anni ancora) si aprirebbe una nuova strada dal punto di vista clinico. In primo luogo, l’esperimento dimostra che anche dopo quattro ore di mancanza di ossigeno, le cellule del cervello sono in grado di recuperare almeno alcune attività, se adeguatamente alimentate dal punto di vista biochimico

Per la verità, in laboratorio è già possibile mantenere le funzionalità di piccole porzioni di tessuto cerebrale. Ma è la prima volta che queste funzioni vengono preservate in un intero cervello. L’irreversibilità del processo di morte cerebrale, dunque, torna in discussione. In secondo luogo, mantenendo in attività il cervello sarà possibile misurare gli effetti dei farmaci con un dettaglio oggi irraggiungibile in una sperimentazione su persone vive, per ovvi motivi. Ad esempio, sarà possibile individuare le aree raggiunte dai farmaci.

Il suo mantenimento in vita apre però diverse questioni di natura bioetica. La soluzione BrainEx contiene sostanze che impediscono al cervello di recuperare qualunque attività neuro-elettrica, e dunque la coscienza o la percezione. Ma non è detto che riprendere anche queste attività sia impossibile. Secondo George Mashour dell’università di Ann Arbor, in Michigan, «sarebbe molto interessante capire di che coscienza parliamo, in assenza di organi o di stimolazione periferica». La scoperta potrebbe spingere a ridefinire il confine tra vita e morte, con conseguenze filosofiche (ma anche legali, per esempio per la donazione degli organi) ancora tutte da esplorare.