«Va’ al bar e chiedi un arsenico alla menta, ti toglierà la sete in eterno». Questa è una delle frasi che si leggevano sui muri dei bagni del Tabou, il locale sito al 33 di Rue Dauphine, nel VI arrondissement, dove si esibiva un allampanato ingegnere di nome Boris Vian, con la passione della scrittura, che suonava la tromba con un piccolo gruppo chiamato Les Grrr. In quella «vasta cantina vuota, col tetto a volta» si potevano incontrare Sartre e Simone de Beauvoir, soprannominata la grande Sartreuse; Camus e Merleau-Ponty; Queneau e una giovanissima Juliette Gréco. Ma anche Giacometti, Prévert, lo spiritato Wolf… Il 3 maggio 1947 «Samedi Soir» dedicò un lungo articolo in prima pagina ai frequentatori del locale, emblematicamente intitolato Ecco come vivono i trogloditi di Saint-Germain-de-Prés. Neanche a dirlo, quei giovani si inorgoglirono di essere considerati «trogloditi», appellativo che divenne uno dei loro cavalli di battaglia. Lo stesso Vian si divertì a raccogliere gli aneddoti giornalistici basati sulle imprese compiute da zazous ed esistenzialisti nel suo Manuel de Saint-Germain-des-Prés che uscì postumo soltanto nel 1974 presso le Éditions du Chêne, dopo una serie di controverse vicissitudini editoriali. È una guida sui generis, dal tono scanzonato e sarcastico, in cui si ricostruisce l’atmosfera della Parigi rutilante dell’epoca, tra balli scatenati nelle caves al ritmo del bebop e inesauribili schermaglie dialettiche ai tavolini dei Deux Magots o del Flore. Miles Davis, tra un’esibizione e l’altra, riuscì a conquistare Juliette Gréco.
Questi e altri spassosi aneddoti sono riportati da Agnès Poirier in Rive gauche Arte, passione e rinascita a Parigi 1940-1950 (Einaudi «Frontiere», pp. XX-356, € 21,00) nell’elegante traduzione dall’inglese di Andrea Sirotti. Si tratta di un saggio articolato su uno dei periodi mitici della Parigi del tempo, generalmente identificata con le figure che diedero vita all’esistenzialismo e a una serie di correnti artistiche e letterarie imprescindibili nella storia del Novecento. L’autrice passa così in rassegna, dipingendoli ora con iconica spigliatezza ora con arguta spietatezza, gli avvenimenti che hanno segnato un’epoca, arricchiti di molteplici riferimenti ai personaggi che hanno reso leggendaria la Rive Gauche: da Jacques Jaujard, direttore del Louvre, che riuscì nell’intento di sottrarre i capolavori del museo ai bombardamenti e alle grinfie dei gerarchi nazisti, a Jean Paulhan, costretto a lasciare la direzione della «N.R.F.» nelle mani del collaborazionista Drieu La Rochelle che si suiciderà dopo la liberazione (Brasillach, caporedattore del famigerato «Je suis partout», sarà invece giustiziato), da Samuel Beckett, spaesato in qualsiasi circostanza ma attivo sul fronte della resistenza, a Jean Cocteau che non disdegna di recarsi a una mostra all’Orangerie dell’artista preferito di Hitler, lo scultore Arno Breker.
Ma, su tutti, dominano le figure di Sartre e del «castoro», attorniate da una serie di intellettuali stranieri come Arthur Koestler, Richard Wright, James Baldwin. Non mancano scrittori del calibro di Saul Bellow e Norman Mailer, il quale rimane affascinato da Jean Malaquais, autore del romanzo Les javanais, pubblicato da Denoël nel 1939 e vincitore a sorpresa del Prix Renaudot davanti al Muro di Sartre. Mailer affiderà allo scrittore apolide ed ebreo la traduzione del Nudo e il morto e lo considererà il proprio mentore, soprattutto sul versante ideologico. Uno dei titoli più contesi fu L’être et le néant, in quanto pesava giusto un chilo e veniva adoperato dalle massaie come contrappeso sulla bilancia al momento di fare la spesa. Fallisce il tentativo, promosso da Sartre e altri intellettuali di sinistra tra la fine del ’47 e l’inizio del ’48, di creare una forza politica alternativa al PCF, incarnata dall’RDR.
La lettura del libro della Poirier risulta godibile nonostante l’idea sia smaccatamente ripresa dal lavoro di Herbert R. Lottman che pubblicò nel 1982 La Rive Gauche (in italiano tradotto nel 1983 dalle Edizioni di Comunità e riproposto nel 2010 da Sylvestre Bonnard) nel quale si analizza, con maggior approccio scientifico, l’engagement degli intellettuali francesi dagli anni del Fronte popolare a quelli della Guerra fredda. La Poirier dà comunque adeguato spazio ad alcune figure femminili quali Dominique Aury, autrice dell’Histoire d’O, Édith Thomas, Anne-Marie Cazalis, Marguerite Duras, la corrispondente del «New Yorker» Janet Flanner, le libraie Adrienne Monnier e Sylvia Beach.
Appare qualche inesattezza, come quando si sostiene, sia a p. 105 sia a p. 112, che il romanzo d’esordio di Boris Vian fosse L’écume des jours, in parte anticipato su «Les Temps Modernes», dove tra l’altro compaiono il filosofo Jean-Sol Partre, autore di Le vomit, e la Duchesse de Bovouard. In realtà il libro venne pubblicato nel 1947, dopo Vercoquin et le plancton, uscito senza successo da Gallimard nel ’46 su interessamento di Queneau, e Sputerò sulle vostre tombe che vide la luce per le Éditions du Scorpion nello stesso anno con lo pseudonimo del sedicente scrittore nero statunitense Vernon Sullivan, in seguito alla scommessa che fece Vian con l’editore Jean d’Halluin di scrivere un romanzo di successo nell’arco di quindici giorni. Inoltre Ernest de Gengenbach, come riportato a p. 104, non era né «abate» né «prete mezzo spretato», ma un esaltato ex seminarista, combattuto fino alla fine dei suoi giorni tra cattolicesimo e satanismo, collaboratore della «Révolution Surréaliste» e amico di Breton, che si vestiva da sacerdote in quanto ciò gli dava maggior lustro con le donne.
Non sempre risulta convincente l’insistenza con la quale Sartre e de Beauvoir vengono dipinti come irriducibili assertori di una «terza via», considerate le posizioni non sempre limpide nei confronti della politica sovietica e lo stesso distacco manifestato verso l’opera dei «rinnegati» Camus e Koestler. Quando apparve L’homme révolté nel 1951, un editoriale di Sartre su «Les Temps Modernes» aveva definito così il suo vecchio amico e sodale: «La sua morale si è prima trasformata in moralismo; oggi non è altro che letteratura, domani sarà forse immoralità». En avant la zizique, per dirla con Boris Vian.