reflecion
Si intitola L’egemonia digitale. L’impatto delle nuove tecnologie nel mondo del lavoro (Sensibili alle foglie, pp. 143, euro 16) ed è il nuovo libro di Renato Curcio. A essere analizzati sono numerosi e diversi ambiti professionali: varie forme di lavoro subordinato, gli studi professionali, le banche, le scuole, gli ospedali, gli studi medici posti al servizio di un «processo che vede sempre più la salute ridotta a pacchetti di prestazioni che sono vendibili, quindi ridotta a merce», i trasporti pubblici e privati.

LO SQUILIBRIO tra tecnologie di controllo dallo sviluppo velocissimo e la consapevolezza sociale del loro significato e dei loro effetti, che procede invece lentamente, genera relazioni e strutture collettive caratterizzate da un dominio della quantità, che «non sa che farsene del pensiero critico, della soggettività inventiva, dell’epistemologia indisciplinata e dell’immaginario creativo, beni assai più rilevanti per la nostra specie di quello in realtà più modesto, anche se attualmente idolatrato, dell’innovazione capitalistica».

SI TRATTA di un vero e proprio Dataismo, come lo ha chiamato Byung-Chul Han, per il quale l’esistenza individuale e collettiva deve trasformarsi in dato numerico, in informazione quantitativa, in una vera e propria ideologia della misurabilità.

LA DISSOLUZIONE del non misurabile, della qualità, delle sfumature, delle relazioni, induce chi insegna a diventare voce narrante di supporti audiovisivi e conduce l’intero corpo sociale alla distanziazione tra gli individui anche quando essi sono fisicamente vicini, porta a una chiacchiera informe sui social, alla sterilizzazione anaffettiva dei «mi piace», alla indifferenza mascherata da contatto e veicolata dagli algoritmi della Rete.

L’obesità tecnologica sprofonda nella perdita della condivisione e del suo calore, nella schiavitù trasparente generata in Italia dal cosiddetto Jobs Act, che cancellando l’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori ha invaso ogni attività professionale di strumenti come bracciali, cellulari, badge, smartphone aziendali, talmente onnipresenti da imporre un dominio sulle persone che mai è stato così pervasivo del tempo e invasivo dei corpi, diventati trasparenti e sottoposti a un controllo senza intervalli.

LA COLONIZZAZIONE dell’immaginario scandisce un progresso tecnologico che si fa nemico del progresso sociale. La complessità di tali dinamiche rende insufficiente per Curcio risposte tecnofobe o tecnofile, ogni uso «buono» o «cattivo» delle tecnologie digitali poiché, ancora una volta, «non sono le ‘tecnologie’ in quanto tali a costituire la minaccia bensì la loro determinazione proprietaria».

COME OGNI FORMA di dominio, anche l’algocrazia -il potere degli algoritmi che osservano, controllano, determinano le vite- non è una questione in primo luogo tecnologica ma sempre e profondamente politica.