Stop ai cantieri pubblici e privati salvo alcune opere pubbliche giudicate urgenti e indifferibili. Stop alle aziende, con rigide eccezioni in caso di arretrati da smaltire. Non sarà una zona rossa alla Codogno, perché non si tratta di un luogo blindato da cui non si entra e non si esce, ma il provvedimento spegnerà ogni necessità di movimento. E i controlli delle forze dell’ordine, che si annunciano capillari, dovrebbero fare il resto.

E’ questo il contenuto della nuova ordinanza che i tecnici della Regione Emilia-Romagna hanno limato per tutta la serata di ieri, tant’è che all’ora dei telegiornali delle 20 ancora non era pronta la versione definitiva. Il testo, che dovrebbe entrare in vigore da questa mattina, consente pochissime eccezioni. A restare in funzione saranno gli allevamenti e le attività agricole. Rimarranno aperte anche le farmacie e i piccoli e medi esercizi commerciali che vendono generi alimentari. Per il resto serrata totale di fabbriche, uffici, aziende grandi e piccole. Una decisione arrivata per mettere un freno alla diffusione del coronavirus, a rischio di diventare incontrollabile, e che si aggiunge a quanto già deciso giovedì questa volta su tutto il territorio regionale: chiusura di parchi e giardini pubblici e divieto di passeggiate.

In Emilia-Romagna i numeri parlano di 5968 casi di positività al Coronavirus, 754 in più rispetto alle 24 ore precedenti. I morti ieri sono stati 109. In terapia intensiva 267 persone (su 417 posti letto disponibili), solo 7 in più rispetto al giorno prima. Una traccia di speranza, ma per ora nulla di più per una regione che dopo la Lombardia resta la seconda più colpita in Italia e che si trova alla prese con un virus che a sud di Rimini ha iniziato a diffondersi in maniera pericolosa. Di giovedì è invece l’annuncio della messa a punto di un respiratore in grado di servire due pazienti anziché uno, cosa che potrebbe significare, in caso di emergenza, il raddoppio dei posti in terapia intensiva.

Tra decreti nazionali e ordinanze regionali ci sono poi i sindaci, che spesso corrono veloci nel limitare la socialità, e così le occasioni di contagio. A Castenaso, paese alle porte di Bologna, il primo cittadino ha emanato ieri mattina un’ordinanza che limita «ad un solo membro per nucleo familiare, e per non più di due volte alla settimana», l’uscita di casa per fare acquisti. Resta invece in «zona rossa» il paese di Medicina. Da lì non si esce più da quando il virus ha fatto strage di anziani in un centro sociale. Per evitare che il contagio si estendesse anche a Bologna e ai suoi 400 mila abitanti, città al momento non investita come altre dalla pandemia, è stato deciso di isolare tutto il territorio comunale. E invece proprio a Bologna nei prossimi giorni l’esercito sarà incaricato di controllare l’applicazione delle regole da parte di chi esce di casa.

Ma i fronti del contagio sono tanti. Le case di riposo ad esempio. I primi contagiati tra gli ospiti ci sono già. Si parla, sottolinea ad esempio la Cgil di Modena, di residenze con decine di persone over 75, dove il personale sanitario ha già iniziato ad ammalarsi e «già 2 lavoratori di altrettante strutture della città risultano ospedalizzati in condizioni gravi». Altro fronte sono i Cas, i centri di accoglienza straordinaria dei migranti. A Bologna ce n’è uno da 200 posti. Nonostante le proteste i migranti dormono ancora in camerate affollate e nessuno di loro ha la mascherina, spiegano gli avvocati di Asgi, l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione. Nel Cas, racconta il Coordinamento migranti, un ospite è stato messo ieri in isolamento. Tutti sperano si tratti solo di un’influenza.