Dopo il bombardamento americano i rapporti tra il Cremlino e la Casa Bianca restano molto tesi. Il ministro della Difesa della Federazione Russa Andrey Kadrov ha comunicato che a partire dalla mezzanotte dell’8 aprile ha smesso di funzionare la “hot line” bilaterale russo-americana volta a prevenire incidenti aerei in Siria. «Ora la palla passa agli americani» ha concluso Kadrov, per il quale sarà difficile a breve rasserenare i rapporti tra i due paesi.
La sera scorsa Vladimir Putin ha riunito il Consiglio di Sicurezza russo. Oltre una piccola coda di politica interna sulle misure economico-sociali da intraprendere entro poche settimane, il dibattito si è incentrato sui recenti avvenimenti internazionali. «L’incontro ha espresso profonda preoccupazione per le inevitabili conseguenze negative di azioni aggressive» che nuocciono alla comune lotta contro il terrorismo, ha riassunto il portavoce di Putin, Dmitry Peskov.
Per Peskov «si è discusso anche di altri temi legati alle attività dell’esercito russo per sostenere le operazioni anti-terrorismo delle Forze Armate siriane». Secondo indiscrezioni la Russia potrebbe fornire presto ad Assad dei missili antimissili in grado di difendere le proprie basi aeree. Notizia che se confermata spazzerebbe via le insistenti voci circolate in queste ore a Mosca secondo cui il Cremlino, in cambio di una trattativa complessiva sul groviglio ucraino, sarebbe disposto a lasciare al suo destino il rais di Damasco.

Intanto gli analisti russi stanno cercando di capire quali linee e quali posizioni si stanno confrontando all’interno della Casa Bianca e del Pentagono. per il vice ministro degli esteri Gennady Gatilov la posizione americana risulta essere «molto strana», per un Tramp «senzaa una linea precisa su come affrontare la crisi siriana».

Anche Marya Zacharova, portavocee del ministero degli esteri, è convinta che la nebbia che si addensa sulle scelte di politica estera di Trump siano da far risalire in primo luogo a equilibri di politica interna americana. «Dopo una feroce campagna elettorale pre-elettorale a Washington non è stata ancora definita una strategia di politica estera» ha continuato la Zacharova. Tuttavia, l’Alta diplomatica russa vorrebbe concedere delle attenuanti, o altre chances, a Trump: «Non è un segreto che il compito del nuovo presidente degli Stati Uniti nei primi mesi è stato assai difficile perché nelle istituzioni americane si è fatto di tutto per contrastare la nuova amministrazione». Precisando: «Abbiamo più volte detto e sottolineato a tutti i livelli che, purtroppo, la situazione in tutto il mondo ogni anno è sempre più influenzato dalla situazione politica interna americana».

Una interpretazione che propone una lettura particolare del dibattito sull’isolazionismo americano: l’uso improprio di una politica estera aggressiva al fine di costruire migliori relazioni con la Camera e il Senato Usa, fino ad oggi vero e proprio tallone d’Achille del decisionismo di Trump.

Intanto anche a livello diplomatico, per ora si fanno pochi passi in avanti. Il ministro degli esteri britannico Boris Johnson ha annullato la sua sua visita a Mosca prevista per il 10 aprile. L’ex sindaco di Londra, a suo tempo considerato un alleato di Putin nello scacchiere europeo, ha giustificato questa decisione affermando che la Gran Bretagna «condanna la persistente difesa russa del regime di Assad anche dopo l’attacco chimico contro abitanti pacifici». Pronta la replica russa. Marya Zacharova ha definito l’annullamento della visita «un assurdo pretesto».
Intanto la già programmata visita a Mosca di due giorni del Segretario di Stato americano Rex Tillerson, prevista per l’11 aprile, assume in questa contesto un significato particolare. Secondo la Pravda, Tillerson si presenterebbe a Mosca con un pacchetto di proposte che riguarderebbero una soluzione definitiva per la Siria nel quadro di una più ampia ridefinizione degli equilibri in Medio Oriente.

La Pravda ritiene però che Tillerson non vorrebbe far entrare nel pacchetto delle trattative che includerebbero anche la vicenda nordcoreana, la questione Ucraina che la Casa Bianca «considera chiusa». Una posizione che dovrebbe far tirare il fiato a Poroshenko il quale teme che Washington possa abbandonare il suo regime inserendo l’annessione della Crimea e la guerra del Donbass all’interno di una trattativa globale con la Russia.