Su ogni camice bianco lasciato ripiegato sul selciato uno stetoscopio: ieri pomeriggio a Roma sit in di protesta di medici e infermieri della Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza e del Sistema 118. La denuncia è chiara: «Il Servizio sanitario nazionale sta perdendo uno dei suoi pilastri fondamentali: le strutture che garantiscono il soccorso e le cure più urgenti ossia i Pronto soccorso e il 118». In Italia nel 2019, spiegano, «si sono contati 24 milioni di accessi in Ps, un’emergenza ogni 90 secondi. Oggi non solo non diminuiscono, ma aumentano. Ma nel 2021 le performance peggiorano perché le capacità di risposta si sono ridotte».

In uno dei settori più critici ma anche essenziali, soprattutto nel mezzo di una pandemia, mancano all’appello 4mila medici (che rappresentano circa il 30% della struttura organica necessaria per far funzionare adeguatamente i Ps) e 10mila infermieri. Andrea Fabbri, responsabile del Centro studi e ricerche Simeu: «Il depauperamento degli organici di Pronto soccorso viaggia a ritmo veloce: circa 2mila medici in meno solo nell’ultimo anno. Ogni due professionisti che abbandonano troviamo una sola sostituzione. Viviamo in stato di allerta e ogni giorno è peggiore del precedente».

Nella riorganizzazione delle strutture ospedaliere spesso i Pronto soccorso sono trascurati se non dimenticati: sale di attesa insufficienti per pazienti e accompagnatori, sale visita non in grado di dare risposte ottimali. «Il profondo disagio vissuto dai professionisti di emergenza-urgenza coincide con le inaccettabili condizioni in cui versano i pazienti – spiega Fabio De Iaco, responsabile dell’accademia dei direttori Simeu e direttore del Pronto soccorso Martini di Torino -. Medici, infermieri e pazienti pagano il prezzo delle medesime carenze, tra attese infinite per un posto letto, strutture inadeguate e le difficoltà legate a personale insufficiente».

Il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha inserito nella manovra finanziaria 90 milioni di euro per creare una nuova indennità destinata ai lavoratori del Pronto soccorso (ma non a quelli del 118): 27 milioni per i medici (circa 10mila), 63 milioni per gli infermieri (circa 25 mila) erogati in proporzione alle ore di servizio effettuate. «Non basta. Bisogna cambiare l’organizzazione, ridurre la pressione sui dipartimenti di emergenza degli ospedali» ribatte il presidente Simeu, Salvatore Manca.

Non solo la fuga dai Ps ma anche dalla scuola di specializzazione, dove il 50% dei posti non è stato assegnato. «Mi sono specializzata da pochi giorni – racconta Maria Luisa Ralli -, dopo cinque anni e la pratica di un mestiere che è fra i più belli al mondo ho visto giovani colleghi, come me, lasciare la specialità. Dopo l’emergenza Covid tutto si è amplificato e moltiplicato: la fatica, le responsabilità, le ore passate in Pronto soccorso. Non c’è più tempo per la vita privata, per la formazione, per il recupero psicofisico».