Non si sa se si tornerà a scuola, e nel caso quando. Non si può sapere: saranno le curve del contagio a dire se alunni e studenti potranno rientrare nelle aule in condizioni di sicurezza per terminare l’anno scolastico. Ma al ministero di viale Trastevere non tira aria di ottimismo. Considerando l’affollamento medio delle classi e dunque anche lo scarso distanziamento sociale che consentono le aule della scuola italiana.

COSÌ IERI LA MINISTRA Lucia Azzolina nella conferenza stampa di fine consiglio dei ministri si è portata avanti con il lavoro: «Abbiamo messo in sicurezza l’anno scolastico», ha annunciato, «Facciamo chiarezza: la didattica a distanza non è uno strumento opzionale, grazie ad essa possiamo portare a termine l’anno». Lasciando trasparire che dunque l’anno scolastico finirà con le aule vuote.

MA IL TESTO VARATO non dice questo. In mattinata il primo match a Palazzo Chigi, quello ben più tranquillo della riunione del pomeriggio, ha licenziato il decreto anticipato dalla stampa la scorsa settimana, con consueto codazzo di polemiche per le interpretazioni fiorite su un testo circolato anzitempo, secondo le consuetudini della casa giallo-rossa. La norma ufficiale prevede per gli esami di maturità un piano A e un piano B. Se entro il 18 maggio si torna a scuola l’esame di Stato avrà una sola prova scritta – invece di due – e una orale davanti alla commissione interna con presidente esterno. Se invece non si torna a scuola, quindi l’anno scolastico finisce con le lezioni online, i maturandi affronteranno colloqui, in presenza o forse in video. Per la terza media l’esame sarà sostituito dalla valutazione finale da parte del consiglio di classe che terrà conto anche di un elaborato. Nessun «sei politico», insiste la ministra all’indirizzo delle destre che rispolverano polemiche vintage. Tutti saranno ammessi agli esami, a prescindere dalla frequenza e dai risultati degli Invalsi, ma i voti del periodo «a distanza» varranno solo se positivi. Per chi dovrà recuperare insufficienze risalenti a prima dello stop delle elezioni, lo farà a settembre. Ma quella di settembre sarà un’altra storia. Un’altra storia incerta.

VIA LIBERA ALLE ASSUNZIONI di 4500 docenti nei posti «liberati» da quota 100. Ci andranno i vincitori di concorso e gli insegnanti delle graduatorie ad esaurimento. Le graduatorie dei precari non verranno aggiornate: «Non ce la facciamo, abbiamo migliaia di raccomandate cartacee», spiega Azzolina, e poi conclude con un lapsus: «Chiedo scusa a nome di tutti i precari».

SI CAPISCE, il senso di precarietà di queste decisioni continua a segnarle: se ne riparlerà dopo il 18 maggio. Le destre attaccano anche la presunta abolizione degli esami, ma è evidente che le soluzioni scelte sono per lo più obbligate dall’emergenza. Altro discorso è quello dei concorsi per quasi 50mila insegnanti che dovevano tenersi prima dell’estate e che con ogni probabilità salteranno, visto che riunire i candidati nelle prove scritte al momento sembra un’ipotesi fantascientifica.

È L’UNICO MOMENTO su cui nel consiglio dei ministri c’è stata un po’ di maretta. La ministra chiedeva di ribadire nel decreto che il suo ministero può bandire concorsi «durante lo stato di emergenza» per il reclutamento di personale scolastico, «fermi restando i limiti e le restrizioni» sulle procedure. Sottolineatura ridondante, segno solo della resistenza dei 5 stelle a rassegnarsi a non poter convocare i concorsi e a dover acconciarsi ad altro per reclutare i 24mila del concorso ordinario e degli altrettanti per quello straordinario destinato ai precari storici. Al tavolo arrva una frenata sui concorsi da parte degli esponenti Pd e Leu. Se ne riparlerà presto, le posizioni nella maggioranza sono già chiare.

MA IL VERO PUNTO DOLENTE è la didattica a distanza, con buona pace del trionfalismo ministeriale. Il suo funzionamento è molto diverso nelle diverse regioni. Ieri uno studio dell’Istat ha rivelato che il 33,8% delle famiglie non ha un computer o un tablet, il 47,2% ne ha uno da dividere fra figli e genitori. La percentuale di famiglie senza computer supera il 41% al Sud. Ma il problema non sono solo i tablet. In queste ore si moltiplicano gli appelli di insegnanti preoccupati per gli studenti di famiglie di fasce deboli che, usciti dalla scuola, non si «collegano» più ai compagni. I docenti li rincorrono virtualmente per riportarli con il resto della classe, sulla piattaforma. L’anno scolastico per loro rischia di essere già chiuso.