È vero, gli esami non finiscono mai. E non finiscono mai i cambiamenti che da qualche anno modificano «ogni anno» le prove di maturità. Senza che mai ne venga spiegato il perché. Senza mai un bilancio delle scelte fatte. Di cosa non ha funzionato, se non ha funzionato, e perché.

La pandemia, certo, per ragazze e ragazzi, ha determinato, in questi ultimi due anni, un cambiamento profondo. Dei rapporti tra loro, con la scuola e con i docenti. Pensiamo anche al fatto che la scuola è stata chiusa nelle fasi più acute della pandemia. E non sappiamo che effetto complessivo abbia avuto tutto ciò nei loro sentimenti, nelle loro paure, nella loro crescita. Di sicuro sono state perse ore di lavoro e di crescita umana e culturale. Una situazione inedita, sulla quale si è riflettuto assai poco.

La loro vita è cambiata. E mi chiedo spesso se non abbiano mostrato, soprattutto loro, una parte consistente di loro, «spalle larghe» e capacità di adattamento. Una sorta insomma di ‘resilienza’.  Lo scorso anno il cosiddetto maxi-orale fu introdotto come «prova di maturità». Un’unica prova orale con presentazione di una tesina, che doveva verificare le conoscenze relative alla «materia» Cittadinanza e Costituzione, una sorta di Educazione Civica, e infine una riflessione sul particolare momento storico che stiamo tutti vivendo. Cosa sicuramente non facile, e non solo per ragazze e ragazzi.

E, senza che ci sia stato un bilancio, una verifica, una valutazione sugli esami dello scorso anno, ancora una volta si cambia, a qualche mese dall’esame. E comunque, vorrei ricordare che la scuola non è solo «gli esami finali». Soprattutto in questa situazione generale. E sarebbe utile riflettere su quanto poco si sia fatto per aiutare la scuola tutta a reggere l’impatto di questa inedita e difficile situazione. Dalla riorganizzazione degli spazi interni, alla predisposizione di mezzi di trasporto adeguati e sicuri.

Certo, è importante che la ministra Azzolina abbia voluto discutere, in un vertice di maggioranza, su come sarà modificato ancora una volta l’esame di Stato. Si tratterebbe, a quel che è dato capire, di un colloquio, come lo scorso anno di un’ora, «contenente anche la parte dello scritto». Da quel che risulta dalle prime dichiarazioni sembra che in qualche modo si voglia mantenere l’idea di un esame semplificato come lo scorso anno.

Un colloquio finale, una riflessione con ragazze e ragazzi su se stessi in un mondo cambiato, sulla loro esperienza di vita e di studio, nell’era della pandemia. Un colloquio che in qualche modo verificherà anche la capacità della scuola di essere stata e di essere, in questi anni, un punto fermo, nella crescita di ragazze e ragazzi. Insomma un esame anche per la scuola, e forse anche per il governo della scuola. Per chi vorrà e saprà leggerlo.