Sarà visitabile ancora fino al 1 maggio, presso l’Ex-Pescheria-Salone degli Incanti a Trieste, la mostra Nel mare dell’intimità. L’archeologia subacquea racconta l’Adriatico, che da metà dicembre 2017 a oggi ha incontrato il gradimento di un vasto pubblico: «il Mediterraneo è il mare della vicinanza, l’Adriatico è il mare dell’intimità», scriveva Predrag Matvejevic nel suo Breviario Mediterraneo.

A QUESTA POETICA definizione si ispira il titolo della rassegna, dedicata alla memoria dello scrittore slavo nato a Mostar da padre russo e madre bosniaca. Curata da Rita Auriemma – direttrice del Servizio di catalogazione, formazione e ricerca dell’Erpac-Ente regionale per il patrimonio culturale della regione Friuli Venezia Giulia –, l’esposizione è promossa da numerosi partner tra i quali si segnalano, oltre alla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia e il Polo museale della medesima regione, la Federazione archeologi subacquei, il Croatian Conservation Institute e l’International Centre for Underwater Archaeology.

I CIRCA MILLE REPERTI che provengono da ben cinquanta musei dislocati in quattro paesi (Italia, Croazia, Slovenia e Montenegro) hanno trovato una collocazione ideale a Trieste, porta dell’occidente verso oriente e crocevia tra Mitteleuropa e Mediterraneo. L’allestimento si è rivelato, come non accade spesso nell’ambito di mostre archeologiche, particolarmente originale e suggestivo: l’architetto Giovanni Panizon ha trasformato il Salone degli Incanti in uno specchio d’acqua dai caleidoscopici riflessi, che invita ad immergersi in storie di viaggi e scambi culturali.

ALL’INGRESSO DELL’EDIFICIO, ventidue modelli di barche – ci sono galeoni, vascelli, galee veneziane e bastimenti ottomani – in balìa di pannelli-onde, conducono al cuore dell’installazione. Sotto le volte dell’Ex Pescheria si adagia l’impronta di un mondo scomparso, il negativo dello scafo di una nave arcaica dal quale affiorano oggetti di ogni sorta: carte geografiche, meridiane portatili, pipe, anfore, vasellame vitreo e ceramiche islamiche. Un emporio galleggiante che svela il fervore artistico germogliato lungo le rive di questo prolifico mare.

NELLA PANCIA VUOTA della nave ideata da Panizon campeggiano inoltre alcune statue, tra cui il cosiddetto Navarca di Aquileia, raffigurazione di un ammiraglio che ricorda i modelli eroici di età ellenistica, recentemente restaurato dalla ditta Co.new.tech di Venezia. S’illuminano nel Salone anche le nudità senza volto dell’Atleta di Barcola, scultura in marmo greco rinvenuta durante gli scavi ottocenteschi di una villa marittima e copia romana del Diadúmenos, noto capolavoro di Policleto. Due video, infine, illustrano le sfide e le metodologie dell’archeologia subacquea per capire la complessità di una disciplina in cui l’Italia è stata all’avanguardia nel secolo scorso e che ora – in attesa dell’applicazione della Convenzione di Faro per la tutela e la musealizzazione del patrimonio sommerso – non riesce ad essere all’altezza di altre nazioni, come ad esempio la vicina Croazia che può vantare già otto parchi archeologici subacquei per un turismo a forte vocazione ambientale.

IL CATALOGO (Gangemi, pp. 328, euro 29), con contributi scientifici di livello internazionale e splendide foto a colori, costituirà un ottimo strumento di studio anche dopo la conclusione della rassegna. Emozionante il capitolo conclusivo dedicato alle migrazioni di tutti i tempi: come a dire che le mostre, oltre ad essere un progetto di ricerca, sono anche un’occasione per spiegare il presente e accompagnare il futuro.