Grazie al suo raccontare in più forme una storia controversa, che ben riassume l’epoca dei radicali cambiamenti in corso in Germania, Erich Kuby si guadagnò una posizione centrale nella cultura tedesca come critico del miracolo economico, alla fine degli anni Cinquanta. Il suo Rosemarie (traduzione, storica, di Luca Lamberti, prefazione di Susanna Böhme-Kuby, postfazione di Jürgen Pelzer) viene ora riproposto da Meltemi (pp. 239, € 18,00), a distanza di molti anni dall’ultima uscita, che è datata 1968, da Mondadori.

Il libro racconta, in un’ottica brechtiana, la vicenda amara della prostituta Rosemarie Nitribitt (nel libro R.N.) strangolata nel suo appartamento a Francoforte il primo novembre 1957. Il caso di cronaca nera, mai risolto, coinvolgeva persone di un certo rilievo. Kuby trasformò un suo articolo di giornale, destinato a largo impatto, in un film, realizzato insieme a Rolf Thiele (1958), che aveva al centro la presenza solare della viennese Nadia Tjller, concupita dal «Cartello delle Stuoie Isolanti», un gruppo di magnati maturi che si riuniscono in una sontuosa stanza azzurra al Grand Hotel, per discutere dei loro affari, mentre il paese è sempre più esposto alla trasformazione in avamposto atomico degli Stati Uniti.

La pellicola venne ritenuta dal governo della Rft «nociva», ma ottenne comunque plauso e un premio alla Mostra del Cinema di Venezia. In seguito il tema prese la forma di un libro, uscito nello stesso anno, che Einaudi presentò in Italia nel 1959. Tutta la vicenda del dopoguerra europeo è ritmata da scandali erotici che hanno segnato le cronache: in Italia Wilma Montesi, uccisa nel 1953, (che aleggia come fantasma nella Dolce vita), nel Regno Unito Christine Keeler (1961), divisa tra un ministro di sua maestà britannica e una presunta spia sovietica.

L’analisi dello scrittore punta soprattutto sui falsi miti di una società ricca, che vive come se il passato recente non fosse mai esistito (anche se molti degli industriali hanno fatto parte del sistema di produzione del Terzo Reich), mentre restano in voga le antiche usanze, come una cavalcata di gruppo dei notabili sulle alture sopra le città (già inquinata e irrespirabile, nonché annegata nelle automobili), in un tripudio di saluti rituali e allusioni alla prossima caccia.

Rosemarie, nella visione di Kuby, è la vittima sacrificale di una società che pensa soltanto al denaro. Tra gli episodi di questa cronaca della trasformazione di una persona in oggetto (la ragazza morta viene identificata non per caso, dalla stampa con la sua vistosa Mercedes 190 SL), l’episodio della inaugurazione in fabbrica del monumento all’operaio ignoto. Un discorso verboso copre di seducente retorica lo sfruttamento degli operai, cui in cambio dell’ubbidienza viene offerta una luccicante promessa di benessere. L’oratore, un magnate, durante la sua sentita orazione, pensa solo alla sua smania per la bella Rosemarie. Che divenuta troppo ingombrante, verrà sacrificata con violenza sull’altare del benessere economico.