L’intervista rilasciata da Erdogan a RaiNews24 ha inevitabilmente avuto un’eco anche sui media turchi, e non solo perché erano ormai diversi giorni che il presidente turco non parlava con i media occidentali. Ciò che ha colpito maggiormente è che per la prima volta Erdogan ha usato con un mezzo di informazione occidentale la stessa retorica e lo stesso piglio nazionalistico che di solito utilizza con i suoi sostenitori. Si tratta di una retorica antioccidentale che fa parte ormai del suo lessico.

Non passa giorno, infatti che Erdogan non attacchi l’Unione europea e l’Occidente. Negli ultimi suoi comizi ha perfino avuto espressioni di disprezzo per i valori universali della democrazia e delle libertà, da lui definiti «valori occidentali estranei alla cultura e alla storia turca». Gli Stati Uniti sono considerati uno «strumento della lobby sionista», mentre l’Europa è rappresentata come una «edizione contemporanea di quella dei crociati e dei distruttori dell’Impero ottomano».

Da un po’ di tempo nei discorsi del presidente turco più che la retorica islamista, è presente quella del nazionalismo turco che ha radici profonde nel paese. E non è un caso. Il suo obiettivo è infatti quello di sottrarre consensi al partito del movimento nazionalista Mhp, che adesso rischia la scissione, e operare una rottura storica con il passato repubblicano, che a suo dire avrebbe prodotto una politica di «umiliazione, di alienazione culturale e di resa ai valori dell’Occidente».

Quello che Erdogan vuole è dunque realizzare il sogno di una «Turchia forte e influente in tutta l’area ex ottomana», incoronando se stesso come guida suprema e leader del mondo musulmano sunnita. Nei suoi interventi propone il suo modello politico-istituzionale, e cioè il «sistema presidenziale in stile turco», come da lui stesso definito. «Missione» e «Dava», che in turco significa «Causa», sono le parole che ricorrono di più nei suoi discorsi, dove oppositori e critici vengono definiti come nemici della nazione, della sua missione storica, e della religione. «Terroristi» sono invece i curdi che non si piegano alla politica del governo. Erdogan fa molto leva su queste corde che utilizza ad arte dopo il tentato colpo di stato.

E il comportamento dell’Unione europea nelle ore successive il putsch – giudicato troppo attendista di fronte a un evento così grave – ha inasprito ulteriormente i toni. Non solo il governo di Ankara, ma tutti i partiti politici rappresentati in parlamento e la società civile hanno avvertito la lontananza dell’Europa proprio nel momento in cui la Turchia subiva un terribile trauma: per la prima volta nella sua storia il parlamento veniva addirittura bombardato.

E, cosa ancora più grave, i jet che hanno colpito la Grande Assemblea Nazionale turca erano dell’aviazione di questa stessa nazione. Neanche le truppe di occupazione dell’Anatolia durante la prima guerra mondiale – che erano arrivate a 40 km da Ankara – erano riuscite a tanto.

Si è trattato di uno shock psicologico che ha portato il presidente, noto per la sua leadership arrogante, e il primo ministro a incontrarsi con i leader di due grandi partiti di opposizione per la prima volta da quando Erdogan e’ stato eletto presidente. Un evento considerato storico dalla società turca e che potrebbe costruire basi più solide per la democrazia del paese.

Quando la Turchia ha chiesto una deroga alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, i leader dell’Ue hanno reagito condannando la decisione ma dimenticando che la Francia ha fatto lo stesso dopo l’attacco terroristico al Bataclan di Parigi.

Non v’è dubbio che la Turchia abbia il diritto di adottare tutte le misure per salvaguardare se stessa contro le forze che cercano di rovesciare l’ordine costituzionale, senza però violare lo stato di diritto. Così come non vi è alcun dubbio che la strada intrapresa da Ankara con l’introduzione dello stato di emergenza e con la sospensione dell’articolo 15 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo comporti un rischio altissimo di ulteriore deriva autoritaria.

Tuttavia oggi l’UE si troverebbe in una posizione di gran lunga migliore se i leader europei avessero espresso immediatamente la loro condanna per il colpo di stato.

Il 9 agosto Erdogan si recherà a San Pietroburgo dove vedrà Putin. Il presidente russo potrebbe essere il primo leader europeo ad incontrare Erdogan dopo il colpo di stato, e questo rappresenterebbe un insuccesso umiliante per l’Unione europea.