Arriveranno a luglio in Turchia i primi sistemi antimissile russi S400, lo ha confermato il presidente neottomano Recep Tayyip Erdogan ieri in un infervorato comizio «sovranista» con le bandiere sul palco del suo partito, l’Akp. Erdogan ha risposto così a stretto giro all’ultimo richiamo all’ordine degli Stati Uniti, arrivato in mattinata dal quartier generale della Nato di Bruxelles, per bocca dell’invita Usa Kay Bailey Hutchison.

L’emissaria dell’amministrazione Trump ha voluto ricordare che in caso di conferma della commessa di S400 russi, i turchi «non possono avere» i caccia multiruolo F35 della Lockheed Martin, che pure si erano impegnati ad acquistare, in quanto gli F35 potrebbero essere «compromessi e destabilizzati da questi sistemi russi». Erdogan, reduce dalla batosta delle elezioni a Istanbul, ha replicato che «la questione degli S400 è direttamente collegata a i nostri diritti sovrani», aggiungendo che non farà passi indietro. «La Turchia non negozia, non chiede permesso ad altri Paesi». L’accordo per l’acquisto da parte di Ankara di 4 divisioni di sistemi S400 prodotti dalla compagnia statale di aerospazio-difesa Mkb Fakel di Khimbi, nei dintorni di Mosca, per un valore di 2,5 miliardi di dollari risale al settembre 2017 e da allora Washington ha cercato a più riprese di dissuadere Erdogan.

La minaccia più grave, nel merito, è venuta un mese fa dal Segretario di Stato americano Mike Pompeo. «Gli S400 sono delle armi incredibilmente efficaci» ha ammesso. «I turchi li vogliono? Nessun problema. Gli abbiamo consigliato di dare un’occhiata a cosa prevedono le nostre sanzioni Caatsa, e cosa potrebbero significare per loro». Le sanzioni in questione, condensate nella legge antiterrorismo made in Usa, colpiscono a livello politico ed economico i Paesi considerati nemici. Una «black list», dove figurano: Iran, Russia e Corea del Nord. Per ora l’unica sanzione adottata è stata l’interruzione anticipata, proprio a luglio, dell’addestramento dei 34 piloti turchi inseriti nel programma F35. È però probabile che l’ultimo appello per portare Russia e Turchia a un dietrofront in grado di non terremotare gli equilibri Nato, di cui la Turchia è il pilastro mediorientale, sia il bilaterale Trump-Putin al G20 di Osaka venerdì e sabato prossimi.