Offeso ma non troppo dal «dittatore» che gli ha urlato contro Mario Draghi, Recep Tayyip Erdogan tiene bassi i toni, cosciente che per Roma e Bruxelles era e resta partner centrale nella crisi libica e nel blocco dei flussi verso l’Europa di migranti e profughi in fuga dai conflitti mediorientali e africani. E continua a fare come gli pare. All’Ue e alle Nazioni unite che gli avevano intimato di ritirare, entro lo scorso 23 gennaio, i mercenari siriani che aveva inviato a sostegno del governo di Tripoli, il presidente turco ha risposto dando luce verde alla partenza di altri miliziani siriani per la Libia. Così sostiene l’Osservatorio siriano per i diritti umani. L’ong riferisce che 380 mercenari siriani addestrati (e pagati) da Ankara sono arrivati di recente nel paese nordafricano. Sino a oggi, aggiunge, solo 120 combattenti della “Brigata Sultan Murad” sarebbero tornati, il 21 marzo, in Siria dalla Libia dove ci sono ancora 6.630 mercenari mobilitati dalla Turchia.

Ankara inoltre rafforza la sua presenza in Libia. Ha costruito di recente altri campi di addestramento militare e dispiegato batterie missilistiche. Immagini satellitari in possesso dell’intelligence Usa, mostrano al porto di Al Khoms modifiche che lasciano prevedere una presenza navale turca di lungo termine. Il passato esecutivo libico avrebbe dato alla Turchia in concessione per 99 anni il porto di Misurata nel quadro dell’intesa strategica tra i due paesi nelle acque tra la Libia e il Mediterraneo Orientale.

Non vuole saperne di ritirare i suoi mercenari dalla Libia anche Mosca, sostenitrice dell’Esercito nazionale libico (Lna) del generale Khalifa Haftar avversario di Tripoli. La Cnn ha diffuso foto di una trincea costruita da soldati di Haftar, con l’aiuto di mercenari della compagnia russa Wagner, che si estende per decine di chilometri intorno a Sirte, verso la roccaforte di Jufra controllata dall’Lna.