Non erano ladri e non stavano rubando. E, anche se stavano rubando, nessuna norma di legge permette di sparare ad un ladro che non stia minacciando qualcuno. Ma è successo l’altra notte a Ercolano (Napoli). Vincenzo Palumbo, camionista di 53 anni, vedendo un’automobile sospetta non lontano da casa è sceso in strada con la sua pistola, legalmente detenuta, ed ha esploso sei colpi contro la vettura, una Panda, centrando alla testa due giovani, Tullio Pagliaro (27 anni) e Giuseppe Fusella (26 anni), uccidendoli all’istante. Il camionista avrebbe poi telefonato ai Carabinieri dicendo di aver «ucciso due ladri» e, scoprendo che i due giovani non erano malviventi e si erano fermati per caso in quella strada, si sarebbe giustificato dicendo di aver subito di recente il furto dell’auto e un furto in casa di una ingente somma.

Non è un episodio isolato. È invece, il frutto, certo indiretto ma avvelenato della propaganda politica delle destre di Salvini e Meloni che per anni hanno diffuso lo slogan «la difesa è sempre legittima». Lo hanno fatto soprattutto in occasione delle modifiche apportate nel 2019 all’articolo 52 del Codice Penale. Articolo che, pur modificato, prevede tuttora che per essere legittima, la difesa deve rispondere a criteri precisi («necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta»), ma la tenace propaganda politica ha lasciato intendere che quel «sempre» introdotto nella legge costituisse un viatico a farsi giustizia da soli.

Non è casuale, perciò, il silenzio dei due esponenti politici sempre pronti a chiedere condanne esemplari soprattutto quando a commettere furti e rapine sono immigrati o extra-comunitari. La responsabilità penale è sempre del singolo, certo. Ma non si può non notare la responsabilità morale di chi lancia slogan per fare incetta di voti senza considerare gli effetti nefasti delle proprie parole. Soprattutto in un Paese in cui, la voglia di farsi giustizia da sé pervade non solo i social, ma intere, barbare, trasmissioni televisive.

Se c’è un allarme oggi in Italia non è certo quello delle rapine nelle abitazioni. Lo certificano i dati Istat che riportano nel 2019 (ultimo dato disponibile e anno prima del lockdown per la pandemia Covid) un minimo storico degli ultimi venti anni di 1.818 rapine in abitazione. Se consideriamo tutte le rapine (banche, uffici postali, esercizi commerciali, abitazioni, in strada ecc.) nel 2019 ve ne sono state 24.276 meno della metà delle 51.210 del 2007. E nel 2019 sono stati 9 gli omicidi per «furti e rapine» in tutta Italia: fatti gravissimi, ma rappresentano un altro minimo storico degli ultimi venti anni.

Non si hanno, invece, dati ufficiali sugli omicidi con armi legalmente detenute perché né il Viminale né Istat li riportano. È una grave mancanza perché, come si evince dai dati resi pubblici dall’Osservatorio Opal, nel triennio 2017-19 sono stati almeno 131 gli omicidi perpetrati con armi regolarmente detenute a fronte di 91 omicidi di tipo mafioso e di 37 omicidi per furto o rapina. Oggi quindi in Italia è maggiore il rischio di essere uccisi da un legale detentore di armi che dalla mafia o dai rapinatori. È un dato impressionante e che dovrebbe far riflettere se si considera che meno di una persona su dieci o dodici tra la popolazione adulta ha una regolare licenza per armi. È ciò che, purtroppo, hanno sperimentato sulla loro pelle i due giovani di Ercolano.

Non vi è, pertanto, nessuna necessità di porre mano alle norme che regolamentano la legittima difesa: anche con le recenti modifiche non giustificano nessuna pretesa di farsi giustizia da soli e garantiscono il diritto a difendersi quando è minacciata la nostra incolumità. Sarebbe, urgente invece introdurre – come abbiamo ripetuto su questo giornale – norme più restrittive sulle licenze per armi e controlli più frequenti e rigorosi sui legali detentori. Ma, soprattutto, è necessaria un forte presa di posizione da parte delle forze politiche che davvero hanno a cuore la sicurezza pubblica. Soffiare sul fuoco della paura e del rancore per alimentare la corsa alle armi rischia di portarci ad una deriva di stampo giustizialista. Di cui, francamente, non abbiano alcun bisogno.

 

* (Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa – Opal)