Erasmus di classe. La partecipazione al programma di studio universitario all’estero dipende dalle origini sociali delle famiglie. Lo sostiene il Consorzio interuniversitario Almalaurea in occasione del trentesimo anniversario. Il 16% degli studenti che hanno fatto questa esperienza contano su genitori che sono in possesso di una laurea. L’Erasmus è stato fatto dal 6% degli studenti i cui genitori hanno la maturità. Il 5% hanno padri e madri senza diploma. Anche la classe sociale ha un ruolo importante: per le famiglie di estrazione sociale meno elevata, infatti, l’ipotesi di un soggiorno all’estero è considerata verosimilmente un impegno oneroso. Le borse di studio non sono sufficienti per compensare una permanenza all’estero. L’11% di chi ha un reddito più elevato sceglie il programma, la percentuale scende al 6% tra chi proviene da contesti più svantaggiati.

Questa situazione influisce sulla scuola superiore. Chi è in possesso di un diploma liceale con voti elevati ha una maggiore possibilità di svolgere un periodo di studi all’estero se, e quando, andrà all’università. I liceali che vanno all’estero sono il 10% degli studenti, i diplomati nelle scuole tecniche sono il 6%, i professionali (4%). La tesi è suffragata dalla XIX indagine sulla condizione occupazionale dei laureati pubblicata il 16 maggio scorso da Almalaurea. A cinque anni dal conseguimento del titolo di studio, il 16% dei laureati ha dichiarato di avere svolto un’esperienza all’estero (Erasmus, preparazione della tesi o formazione post-laurea) e poi di essere rimasto nel paese per motivi di lavoro.

«Ciò conferma che mobilità richiama mobilità – sostiene la ricerca – ovvero maturare esperienze lontano dai propri luoghi di origine favorisce una maggiore disponibilità a spostarsi». A questi ragazzi è stato chiesto di esprimersi sulla possibilità di tornare in Italia: il 42% degli interpellati ritiene tale ipotesi improbabile, quanto meno nell’arco del prossimo quinquennio. Il 28% la considera poco probabile, solo l’11% si è mostrato ottimista in tal senso.

Sull’analisi socio-economica degli studenti Erasmus influisce anche l’ateneo di provenienza. La collocazione geografica a sud o a nord influisce sulla mobilità dei giovani. Le università dell’Italia nord-orientale inviano più studenti all’estero (11%), mentre quelle del sud o delle isole solo il 6 e 7%. In dieci anni i numeri dell’Erasmus sono cresciuti. Nel 2006 gli studenti che facevano questa scelta erano il 6% degli immatricolati, nel 2016 l’8%. La possibilità di trovare un lavoro a un anno dalla laurea sono cresciute del 12%. La meta più gettonata resta la Spagna – la sceglie il 30% degli studenti. Seguono la Francia, la Germania e il Regno Unito. La scelta di affrontare questo percorso, anche in vista di un espatrio, avviene spesso nel biennio magistrale e non durante la laurea di primo livello. Il viaggio all’estero è più diffuso tra gli studenti dell’«area linguistica» (22 laureati su 100) e meno tra i medici (16%), architetti (13%) e studenti di giurisprudenza e scienze politiche (10%). Dati che vanno relativizzati: la mobilità internazionale riguarda ad oggi meno del 10% di tutti gli studenti universitari.