Quando un anno fa si decise che il Summit Globale della Salute del G20 si sarebbe tenuto in Italia, in molti fecero a gara per ospitarlo. La Lombardia ancora convalescente dal coronavirus tentò persino di soffiare a Roma quella che sembrava una vetrina internazionale capace di attirare a sé gli occhi del mondo. Ora che ci siamo, la portata e le ambizioni del summit appaiono parecchio ridimensionate. I grandi della Terra, complici le norme anti-Covid, ci saranno solo in video-conferenza. La presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen e il premier italiano Mario Draghi, presidente di turno del G20, saranno i soli capi di stato riuniti in presenza.

SARANNO LORO DUE, a fine vertice, a dover spiegare al mondo il probabile fallimento del vertice sui dossier internazionali più caldi della pandemia, come l’equo accesso a vaccini, farmaci e test diagnostici. Il tema è all’ordine del giorno del vertice ma una bozza di accordo su cui lavorare non c’è. Nei consessi internazionali, il tema della salute e dei vaccini all’epoca della pandemia ha risvegliato particolarismi e nazionalismi, invece che indurre a una strategia comune e coordinata. Al massimo, nelle conclusioni del summit – pomposamente annunciate come «Dichiarazione di Roma» – si farà riferimento a generici impegni per prevenire future pandemie e per allargare la produzione dei vaccini, ma senza cambiare le regole del gioco che tagliano fuori dalle campagne di vaccinazione i quattro quinti della popolazione mondiale.

Eppure, la lista degli invitati al vertice faceva sperare in una piattaforma più ambiziosa, potenzialmente capace di unire gli sforzi di tutti nella lotta al virus e alle disuguaglianze provocate dalla pandemia. Oltre ai paesi del G20 si collegheranno anche i rappresentanti di istituzioni sovranazionali di prima importanza come le Nazioni Unite, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), il Fondo Monetario Internazionale, l’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) più l’Alleanza Globale per i vaccini e l’immunizzazione (Gavi) e la Coalizione per l’innovazione nella risposta alle epidemie (Cepi), le partnership tra pubblico e privato in cui detta la linea un magnate come Bill Gates.

LE POTENZE IN CAMPO però sono lontanissime da un accordo. L’iniziativa di India e Sudafrica per una moratoria sui monopoli intellettuali sul Covid-19 presso il Wto, parzialmente accolta dagli Usa limitatamente alla produzione dei vaccini, non ha fatto passi avanti formali, anche il presidente francese Macron si è detto disponibile ma l’Ue non ha ancora una posizione condivisa. I 27 non vogliono rischiare che una mozione in questo senso sancisca il ruolo anti-sociale delle case farmaceutiche. Tira il freno soprattutto la Germania, che tutela i bilanci e l’immagine delle aziende tedesche BioNTech e CureVac.

Anche i piani umanitari dell’Oms segnano il passo. Il programma Covax, che punta a acquistare 2 miliardi di dosi di vaccini per i paesi poveri, avrebbe dovuto avvalersi della produzione indiana su licenza AstraZeneca. Ma l’ondata che sta dilagando in India ha bloccato le esportazioni dal subcontinente. Di fatto, solo Europa, Stati uniti, Israele e pochi altri hanno avuto accesso alle dosi per immunizzare una percentuale sostanziale della loro popolazione. Se dunque non saranno a Roma per rimediare a questi squilibri, è lecito chiedersi quale sia il ruolo al tavolo del G20 delle principali istituzioni finanziarie globali.

DATO CHE NON CI PENSANO i governanti, sarà un variegato cartello di movimenti, centri sociali, sindacati partiti nazionali e associazioni locali a portare in piazza il tema dell’equità e del diritto universale alla cura. Nelle vie limitrofe a Villa Pamphilj a Roma, teatro del summit, dalle ore 15 di venerdì 21 partirà una manifestazione nazionale che si oppone alla mercificazione della salute. Non si tratta di una manifestazione estemporanea e rituale. «In questi mesi – spiegano gli organizzatori – si sono moltiplicate iniziative e mobilitazioni per conquistare una sanità pubblica, gratuita, universale e umanizzata, sulla spinta di una pandemia che ha acuito problemi purtroppo già largamente presenti nel sistema sanitario del nostro Paese». La manifestazione rilancerà l’appello europeo «Nessun profitto sulla pandemia» contro i brevetti che limitano l’accesso a farmaci e vaccini. Ma punterà il dito contro i mali che caratterizzano il nostro servizio sanitario nazionale e che la pandemia ha portato alla luce, come «lo smantellamento della sanità territoriale», la «privatizzazione dei servizi», «il precariato lavorativo e le esternalizzazioni». Le iniziative del contro-vertice sono iniziate ieri, quando un gruppo di attivisti del collettivo Militant, del Fronte della gioventù comunista e del Fronte comunista ha calato uno striscione dal tetto della sede della Pfizer a Roma. Sullo striscione, la scritta «Stop brevetti: vaccini gratuiti, ovunque per tutti».