Racconta Castellani in una delle risposte a Carla Lonzi raccolte in Autoritratto come all’inizio della sua parabola artistica, nella seconda metà degli anni ciinquanta, si fosse trovato davanti a un’impasse: riempiva la tela di segni sempre più spersonalizzati per eliminare ogni velleità espressiva, ma a un certo punto si era reso conto che in quel modo «l’unico sbocco sarebbe stata la tela completamente bianca e a questo non avevo il coraggio di arrivare». In realtà la tela bianca non era affatto né muta, né inerte. Era membrana viva già gravida di soluzioni in grado di andare oltre la mutezza paralizzante...