Un candidato alle primarie del Pd sta per testimoniare davanti ai magistrati che stanno indagando il padre di un altro candidato del Pd. La circostanza è doppiamente delicata, perché il candidato testimone e anche un magistrato, sebbene in aspettativa da quattordici anni nei quali è stato amministratore, iscritto e dirigente del Pd. Proprio per questo il Csm sta portando avanti nei suoi confronti un procedimento disciplinare che sarà risolto alla vigilia delle primarie. Per l’esito potrà essere decisiva la posizione di un terzo candidato del Pd, perché è l’attuale ministro della giustizia.

I candidati li avete riconosciuti facilmente. Sono Michele Emiliano, che la prossima settimana sarà ascoltato dai magistrati di Roma che hanno ereditato da quelli di Napoli un filone dell’inchiesta Consip. Si indaga sulla possibile corruzione per un grande appalto da quasi tre miliardi al quale aspirava l’imprenditore Alfredo Romeo, aiutato in questo dal fiorentino Carlo Russo, buon amico della famiglia Renzi. In questa inchiesta è indagato (per traffico di influenze) Tiziano Renzi, padre del secondo candidato Pd, Matteo. Ed è indagato anche il ministro dello sport e braccio destro dell’ex premier, Luca Lotti (favoreggiamento e rivelazione di segreto). Emiliano qualche giorno fa ha mostrato al Fatto un paio di sms scambiati con Lotti nell’ottobre 2014. Sollecitato due volte proprio da Emiliano, Lotti prima confermava di conoscere Russo e poi diceva all’allora sindaco di Bari che ad incontrarlo non avrebbe perso il suo tempo. I magistrati di Roma vogliono adesso acquisire la testimonianza di Emiliano e i messaggini pubblicati dal Fatto. Nel Pd renziano c’è molta preoccupazione per una campagna elettorale interna giocata sul filo dell’attacco giudiziario, e a questo alludeva il vice segretario Pd Guerini quando ha ipotizzato la stesura di un codice di comportamento per i candidati.
Più avanti è andata Repubblica, che ieri ha criticato Emiliano per non essersi rivolto ai pm ma a un giornale, e lo ha invitato a dimettersi dalla magistratura. Ed Emiliano rispondeva proprio a Repubblica, ieri, quando ha detto che «qualcuno dovrebbe chiedere il significato di questa storia ai protagonisti». Lui certo non si tirerà indietro quando i pm lo manderanno a chiamare: «Farò il mio dovere di testimonianza e non rinuncerò ai miei diritti», cioè alla candidatura a segretario contro Renzi. Perché non vede alcun «conflitto di interessi», anzi: «Ci mancherebbe pure che in una situazione in cui si indaga su un sistema di potere, questo sistema avesse come risultato quello di eliminare dal gioco, per questa ragione, un suo avversario politico».

Affermazione chiarissima: il sistema di potere sarebbe quello di Renzi ed Emiliano l’avversario del sistema, in tribunale anche prima che nei gazebo delle primarie. Tantopiù che, parlando in generale, il presidente della Puglia spiega di voler condurre la sua battaglia per la segreteria con l’obiettivo di «liberarci degli ipocriti e degli incoerenti, ma soprattutto dei disonesti, degli affaristi e degli uomini di potere». Gli sms conservati per due anni e mezzo nel suo cellulare lo potranno aiutare?
Il terzo candidato, Andrea Orlando, prevede allora bene che la sfida, così come lanciata da Emiliano – «di qualunque partito siate venite a votare contro Renzi» – farà delle primarie una «lotta libera». Sa anche che, come ministro della giustizia, ha la possibilità di intervenire nel giudizio disciplinare del Csm contro Emiliano, chiedendo di aggravare e approfondire le contestazioni.