La crisi del «bianco» sta per fare altre vittime: dopo i tagli di Indesit e Bosch, il leader della produzione di elettrodomestici Electrolux potrebbe lasciare l’Italia. Ieri il ceo Keith McLoughlin ha annunciato che nei prossimi 6 mesi, il colosso svedese aprirà un’«indagine di competività sostenibile» in tutte e 4 le fabbriche del paese, dove lavorano circa 3.900 persone.

Non conta il tipo di produzione: al momento c’è lo stesso tasso di rischio per gli impianti di Forlì, dove si fabbricano forni e piani cottura, per Solaro (vicino Milano) che produce lavastoviglie, Susegana in provincia di Treviso, specializzata nei frigoriferi e Porcia, vicino Pordenone, lo stabilimento più grande, in funzione per le lavatrici. Proprio dall’impianto friulano sono partire ieri le prime manifestazioni contro i vertici della multinazionale.

«Da noi – spiega Stefano Zoli, coordinatore nazionale Fiom per Electrolux – sono certi 200 licenziamenti che riguarderanno il personale d’ufficio. L’investigazione, che andrà avanti fino ad aprile, valuterà le condizioni di competitività di tutte le fabbriche, da questo dipenderà la futura presenza del gruppo in Italia. Dopo aver svolto l’indagine di competitività sostenibile, nella maggior parte dei casi, Electrolux ha optato per la chiusura». Il piano di riassetto produttivo del gruppo svedese, che fino al 2006 era il leader mondiale nella produzione di elettrodomestici, prevede un taglio complessivo di duemila lavoratori, che corrisponde a circa il 3% della forza lavoro mondiale di tutto il gruppo.

Per ora i primi 500 lavoratori Electrolux a risentire dei tagli saranno quelli di un impianto australiano che verrà chiuso nei prossimi mesi. Ma riduzioni di personale sono previste a breve anche in Medio Oriente, Africa ed Europa: saranno licenziati in tutto il mondo 2000 dipendenti su 7500.

Sarebbe il calo di vendite registrato in Europa ad aver spinto Electrolux verso la riorganizzazione produttiva e le migliaia di licenziamenti previsti in tutto il mondo. Nella pagina dell’azienda si legge: «Vendita di oltre 40 milioni di prodotti ogni anno a clienti in 150 paesi». Ma i dati del terzo trimestre presentati ieri mostrano ancora un calo delle vendite europee: meno 29%, che hanno ridotto gli utili a «soli» 75 milioni di euro.

«La decisione di lasciare l’Italia sarebbe inaccettabile – prosegue Stefano Zoli – Il 28 è fissato un incontro a Mestre coi vertici dell’azienda, che speriamo ci comunichino le loro vere intenzioni. Poi decideremo con quale forma di mobilitazione farci sentire. I primi tagli di organico da parte di Electrolux Italia risalgono al 2008, inizio della crisi, degli elettrodomestici ma non solo. Negli ultimi 5 anni il gruppo svedese ha messo in mobilità, licenziato accompagnato alla pensione circa 1400 dipendenti».

All’inizio di quest’anno Electrolux era diventata famosa per una particolare forma di licenzimento soft, che avrebbe dovuto riguardare 850 dipendenti. Per ognuno dei lavoratori in esubero il gruppo avrebbe stanziato 22 mila euro, nonché 15 mila euro a ogni impresa che avrebbe ricollocato un suo ex dipendente. Una prossimità di 30 chilometri fra i requisiti essenziali del nuovo posto di lavoro.

«In questo modo – racconta il sindacalista Fiom – sono state ricollocate solo poche centinaia di ex- Electrolux. La maggior parte di quelli che hanno perso il posto negli ultim 5 anni sono stati aiutati con ammortizzaotri sociali classici: dall’accompagnamento alla pensione alla cassa integrazione». E visto l’esaurimento delle risorse per questo tipo di aiuti, chissà se si troverà il modo di garantire un futuro a quei dipendenti che verranno licenziati nei prossimi sei mesi.

Il settore elettrodomestici, nonostante la crisi, con i suoi 130 mila operai continua a essere il secondo comparto produttivo in Italia, dopo auto e moto. Preoccupato per il futuro di Electrolux si è detto ieri anche Vasco Errani, governatore dell’Emilia Romagna.