I liberali egiziani si sfilano dal governo ad interim e la comunità internazionale condanna lo sgombero di Rabaa. In particolare il vice-presidente ad interim Mohammed El Baradei, in polemica con la decisione di sgomberare i sit-in islamisti, ha rassegnato le dimissioni. Con lui si sono dimessi i vice premier Hossam Eissa e Ziad Bahaa El Din. Non solo, lo sheykh di Al Azhar, la principale autorità sunnita, Ahmed Tayeb, che aveva proposto una mediazione con tutte le forze politiche, assicura di non essere stato informato dell’intervento della polizia all’alba di ieri.

Le dimissioni di Baradei rompono il compatto fronte militari-liberali-Al Azhar, nato in seguito alle manifestazioni del 30 giugno scorso. E ha trovato l’immediata opposizione degli attivisti di Tamarrod (ribellione) che hanno criticato la scelta del vice-presidente di dimettersi. La decisione dell’ex premio Nobel per la pace dimostra una sua certa coerenza politica. Baradei è stato più volte criticato per la sua prolungata assenza dall’Egitto e perché non ha ottenuto un ampio consenso elettorale.
Il liberale ha chiaramente rifiutato ogni proposta dei Fratelli musulmani, che lo volevano, come prestanome, per il primo governo islamista dopo la vittoria di Morsi. Da quel momento l’opposizione di Baradei alla Fratellanza è stata totale, fino ad arrivare a chiedere la sospensione della Costituzione approvata dagli islamisti. L’ex direttore dell’Agenzia atomica internazionale a quel punto ha promosso l’opposizione del Fronte di salvezza nazionale che ha unito i movimenti laici, liberali e nasseristi. E a sorpresa, dopo aver rifiutato proposte precedenti della giunta militare per guidare il governo, ha deciso di rinunciare alla carica di premier dopo le critiche della Fratellanza, ma di accettare l’incarico di vice-presidente.

L’uomo che ha negato la presenza di armi atomiche in Iraq e ha favorito il dialogo sul nucleare con l’Iran, ha resistito a guida delle istituzioni egiziane per poco più di un mese. Con l’iniziativa di sgombero, minacciata dall’esercito, Baradei ha immediatamente proposto di posporre la decisione per evitare un bagno di sangue. Ma le sue parole non sono state ascoltate. È forse l’unico politico egiziano ad avere un’idea complessa di democrazia, inclusiva di tutte le correnti politiche.
D’altra parte, non si sono fatte attendere le condanne internazionali dello sgombero.

Gli Stati Uniti hanno stigmatizzato il ricorso alla violenza ad opera dei militari, esortando tutte le parti a rispettare i diritti umani. Ma soprattutto hanno criticato lo «stato d’emergenza», imposto dall’esercito. Non solo, dopo gli scontri tra polizia e manifestanti in Egitto è tornata ad essere chiusa l’ambasciata americana del Cairo. La sede diplomatica ha smesso di lavorare con l’avvio dello sgombero, quando centinaia di egiziani sono stati informati dell’azione dell’esercito e le strade si sono improvvisamente svuotate. Mentre musei, siti archeologici, banche e uffici pubblici resteranno chiusi domani. Le ambasciate occidentali hanno anche invitato turisti e residenti ad evitare luoghi affollati e a rispettare il coprifuoco. Anche il ministro degli Esteri inglese, William Hague ha chiesto la fine delle violenze e la ripresa del dialogo. Ma più in generale, contro l’escalation della violenza si è espressa l’Unione europea che ha definito le notizie dei morti durante gli sgomberi «estremamente preoccupanti». Allarmate anche le reazioni dal palazzo di Vetro, dove il Segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha condannato fermamente il ricorso della violenza per liberare le piazze dai manifestanti islamisti.