Giocano in scioltezza e leggerezza i milanesi Egokid con il nuovo Disco disagio (Inri/Digital Media), a cinque anni di distanza da Troppa gente su questo pianeta. Motivi facili, beat implacabili, ma dietro testi ironici si nasconde il racconto di una società piena di contraddizioni, dove i rapporti sentimentali sono ridotti a puro edonismo e ogni cosa è tragicamente livellata verso il basso. Una società che si professa 2.0 e «avanzata» – ma che compie spaventosi passi indietro, vedi il convegno pro life a Verona. «E noi – spiega Diego Palazzo insieme a Piergiorgio Pardo alla guida della formazione meneghina sulla scena dal 2000 – siamo molto sensibili all’argomento visto che abbiamo vissuto anni di militanza nel movimento gay. Chiaro che la nostra prospettiva è sempre legata alla questione del personale è politico». Il brano che dà il titolo al disco nasce dalla sensazione di straniamento di due amici: «Io e Pierre che ci siamo ritrovati in un club dopo le 22 e ci sentivamo come pesci fuor d’acqua. In realtà disagio nasce anche dal fatto che è una parola che trovavamo, più o meno consapevolmente, usata sui social dai millenial».

ALBUM CURATO nei dettagli, tanta elettronica, cassa in 4 ritornelli facilmente memorizzabili che cantano: «L’amore ai tempi di Salvini», come scrivono beffardi in un comunicato. I riferimenti ai ’70 e agli ’80 sono decisamente espliciti: «Ci è sempre piaciuta la dance – spiega Palazzo che milita anche nella formazione ’live’ dei Baustelle – soprattutto per il suo minimo comune denominatore: una sorta di ritmo rivoluzionario in un contesto edonista che non ha bisogno del conflitto e che non fa differenze di classe». La situazione da cui si originò agli albori dei’70 la prima ondata disco americana: «In realtà sottolinea Palazzo – la rivoluzione dei clubbers è decisamente punk ma senza quella forma di antagonismo per cui bisogna distruggere le icone. Ci piace essere punk nel senso che ci prendiamo delle grandi libertà rimaneggiando i linguaggi, esattamente come ha fatto l’elettronica e quindi anche la dance ai suoi inizi». Statica – uno dei pezzi più riusciti dell’album – vuole rappresentare: «L’amore a tempi dei social»: «Ha un po’ a che fare con la ripetizione dell’amore, dei sentimenti e le esternazioni, fissandoli in un’immagine statica. C’è il sentimento nel momento in cui viene rappresentato, condiviso e reso appunto statico e inerte».

I VORTICOSI mutamenti della rete hanno segnato anche il mutamento sostanziale della scena indie, dove gli artisti si ponevano una questione di estetica. Ora, in molti, cedono a logiche e compromessi commerciali: «Io penso al mercato inglese, a label come la 4AD che non sono più etichette indie in senso stretto, ma hanno sotto contratto artisti che comunque portano avanti un discorso di ricerca sonora autonoma e cercano comunque di creare una molteplicità di generi e mondi estetici. Qui in Italia adesso si tende a una sorta di omogeneità del suono, di lavoro produttivo che risulta alla fine un po’ stucchevole. Magari è una questione generazionale di chi, come me, proviene dall’esperienza della musica indipendente propriamente detta…».