Il primo presidente eletto della storia egiziana, il leader dei Fratelli musulmani Mohamed Morsi è stato condannato dalla Corte penale del Cairo a venti anni di prigione. Le accuse riguardano l’uso della forza negli scontri alle porte del palazzo presidenziale di Ittihadeya nel quartiere residenziale del Cairo di Heliopolis, risalenti al dicembre 2012. Negli scontri tra oppositori dei Fratelli musulmani e alcuni attivisti del movimento persero la vita sette persone e molti furono i feriti.

Il palazzo presidenziale non venne difeso dalla polizia né dalla guardia presidenziale tanto che alcuni manifestanti riuscirono a raggiungere il cortile dell’edificio. I contestatori protestavano contro l’approvazione della Costituzione che venne votata dall’Assemblea costituente a maggioranza islamista, e poi sottoposta referendum poche settimane dopo, nonostante decine di esponenti laici e della chiesa copta avessero abbandonato i lavori.

Altri 14 leader della Fratellanza sono stati condannati insieme a Morsi. Tra questi Essam el-Arian e Mohamed el-Beltagy avrebbero ordinato ai sostenitori del movimento di disperdere il sit-in che si stava svolgendo alle porte del palazzo presidenziale. Gli imputati sono stati considerati colpevoli di uso della forza contro manifestanti pacifici. Questo è l’unico caso in cui si imputa ai Fratelli musulmani di aver usato la forza nella completa assenza di controllo su ministero dell’Interno e forze di sicurezza nell’anno in cui Morsi è stato al potere (2012-.2013). Altri episodi controversi hanno avuto luogo dopo il colpo di stato militare del luglio 2013, quando alcuni leader della confraternita hanno allontanato un gruppo di manifestanti che si era raccolto alle porte della sede del movimento nel quartiere di Moqattam. Le sedi del partito Libertà e giustizia e della Fratellanza sono tutte andate in fiamme o distrutte dopo il golpe.

Ben più gravi sono state poi le condanne contro gli islamisti che hanno resistito al golpe e hanno subito l’atroce massacro di Rabaa al-Adaweya. Da quel momento gli episodi più cruenti di scontri con la polizia, dagli attacchi alla stazione di polizia di Qerdasa (Giza) agli scontri nel governatorato di Minya, hanno provocato centinaia di condanne a morte. Fin qui solo una è stata eseguita contro Mohamed Ramadan, attivista islamista di Alessandria d’Egitto accusato di aver defenestrato due giovani. Il leader spirituale della Fratellanza Mohamed Badie rischia di essere impiccato a giorni: è già apparso nella gabbia degli imputati con la giubba del braccio della morte. Alcuni dei condannati a morte in processi farsa e sommari si trovavano già in prigione al momento dei fatti contestati.

Hoda Nasrallah, avvocato dell’ong Iniziativa egiziana per i diritti personali ha criticato la sentenza. Il sindacato dei giornalisti ha presentato un documento al Procuratore generale in cui critica la condanna di Morsi. Amnesty International ha chiesto che si ripeta il processo a carico di Morsi di fronte ad una corte civile e non militare. Secondo il think tank si tratta ancora una volta di una sentenza politica che ridicolizza l’indipendenza della magistratura egiziana. Mentre il responsabile del massacro di Rabaa, costato la vita ad oltre mille persone, il presidente Abdel Fattah el-Sisi non è stato mai incriminato per i fatti dell’agosto 2014, e il raìs Hosni Mubarak è stato prosciolto dall’accusa di aver sparato contro i manifestanti nelle contestazioni di piazza Tahrir del gennaio 2011, costate la vita a mille persone, Morsi sta affrontando una serie infinita e ambigua di accuse, incluse imputazioni di spionaggio. Il legittimo presidente egiziano è stato arrestato invece senza un motivo preciso e detenuto in luogo segreto contro la legge.

Lui che spavaldo mostrava il petto alla piazza e apriva le porte dei palazzi del potere ai beduini è la prima vittima della repressione dei militari pro-Sisi.