L’attitudine al volo è una facoltà che le concede «praterie di maestà» e «facili distese di cielo». Così Emily Dickinson esprimeva in stupefatti versi alcuni dei caratteri della farfalla. Nel presagio di una trasformazione stava allora lo sguardo impaziente perché «il bozzolo stringe». È un immaginario liminare, tra vita e morte, di straordinario fascino quello che proviene dalla farfalla, che sia essa diurna, crepuscolare o notturna, abita una letteratura vasta che ne accoglie le suggestioni. Da Aristotele a Lao Tzu, da Jung, Szymborska, Hermann Hesse o Murakami, le tracce degli attraenti lepidotteri si trovano un po’ ovunque. Come spesso accade, nel senso comune, le farfalle hanno acquistato l’ingeneroso accostamento alle volubilità tutte umane e, neanche a dirlo, ai capricci di certa famelicità femminile. Vi è tuttavia una ossessione maniacale intorno alla loro esistenza di insetti di cui per esempio sono affetti quanti ne collezionano i resti, o le catturano per il diletto di inventariarle. Come se la loro necessità di stare al mondo fosse tarata sul peso, quasi nullo, posseduto e misurato nel battere di ciglia di chi pretende di contemplarne lo splendore delle spoglie. All’unico servizio dell’entomologia, scienza capace di narrarci le sorti degli Esapodi ma tuttavia così antipoetica da apparire ingiusta e crudele, chissà cosa ne pensava Nabokov che ne disegnava e conservava tante, di farfalle, per sé e per la sua amata.

Sta di fatto che, nella collana di «Storie naturali» della casa editrice Marsilio, appare un piccolo gioiello che tiene con sé il nitore della passione e l’esigenza catalogativa: La farfalla (pp. 167, euro 15 – con una prefazione di Luigi Serafini), è il libro della ricercatrice Andrea Grill che ha dedicato al tema la sua tesi di dottorato. Della sua esperienza sul campo, Grill racconta nel dettaglio molte cose, viaggi, scoperte e soprattutto la levità pensante delle farfalle diurne di cui ha scritto amabili ritratti, nella seconda parte del testo.
Se nel 1758 Linneo ne catalogò più di cinquecento, Andrea Grill ne segue la nomenclatura ma all’interno delle sei famiglie di europee, individua quelle che conosce meglio, per esempio le Satyrinae a cui dà ampio spazio. Il pregio del volumetto è di essere costruito in una forma narrativa e godibile anche ai non addetti ai lavori, così come belle sono le tavole che raffigurano l’eleganza di queste «anime» simbolicamente effimere e in subbuglio, che visitano lo stomaco di chi è innamorato. Di ciascuna di loro, le preferite dall’autrice, si scopriranno cose sorprendenti. Per esempio che la «Vanessa occhio di pavone», tra le più diffuse del continente europeo, è una esperta nell’arte della sparizione, così nell’istante in cui la si avvicina lei chiude le ali e cade come foglia morta. La «Vanessa sarda» (oggetto specifico della ricerca di Grill) è molto più piccola, vola tra la fine di maggio e la fine di settembre tra boscaglie o pascoli, con sciami consistenti (talvolta più di mille unità). Vanno in semi-letargia nei mesi estivi per risvegliarsi in autunno, tuttavia sempre vigili a eventuali interferenze volte a disturbare il loro sonno.

L’«Apollo», del genere Parnassius, si trova invece in tutti i grandi massicci montuosi (Spagna, Scandinavia e Siberia). In inverno si ripara dentro l’uovo, ed è una creaturetta avveduta che, se il clima non è buono, può rimanere nascosta fino a due anni. È velenosa e in via di estinzione, per questo protetta da una legge apposita.
La «farfalla di lutto impacciata», che compare nei versi di Nelly Sachs del suo Coro delle ombre sull’olocausto, è l’«Aliante ungherese», tra le più malinconiche poiché il suo volo è lento e ondeggiante. Sia che abiti le Alpi orientali o il sud della Svizzera. Si abbevera di terreni umidi o prossimi alle inondazioni. Stessa preferenza le «Azzurro della sanguisorba» che però, appena nate, vengono adottate da alcune specie di formiche che ne raccolgono le larve per portarle nel formicaio. I bruchi, accuditi e nutriti dalle formiche (ne servono circa 300 per ciascun esemplare), passano allo stato di crisalide per andare via qualche mese dopo, all’inizio dell’estate.
Una storia culturale e materiale che oltre a decretarne l’impareggiabile bellezza, offre esempi capaci di suggellarne l’intermittenza, estetica e psichica. Sussurra il cambiamento, dice che la morte è una nuova nascita che arriva.