Gli stipendi arretrati sono arrivati solo a chi non partecipa al presidio di protesta in viale Africa contro la chiusura della fabbrica. Agli altri nulla, per decisione di un commissario liquidatore che non ha mai nascosto il suo fastidio per la mobilitazione operaia. L’ “effetto Castelfrigo” fa scuola anche a Pontedera, dove gli 85 addetti della Tmm, azienda metalmeccanica dell’indotto Piaggio specializzata nella costruzione di marmitte, stanno lottando da mesi per mantenere viva la speranza di conservare il proprio mestiere.
Al loro fianco la Fiom, che dopo averle provate tutte per evitare la chiusura, ha avviato l’iter per la costituzione di un comitato, con l’obiettivo di costituire una cooperativa dei lavoratori Tmm. “Al comitato per ora hanno aderito una cinquantina di operai – spiega Massimo Braccini, segretario generale toscano dei metalmeccanici Cgil – ma crediamo che col tempo se ne aggiungeranno altri. Ha lo scopo di verificare se ci sono le condizioni, grazie a un’indagine di professionisti e consulenti indicati anche da LegaCoop Toscana, per formare una coop di lavoro industriale che possa permettere di tornare a produrre, salvaguardando il patrimonio professionale e l’occupazione”.
Il tentativo di non cancellare il sito industriale, in una Toscana che al di là degli annunci di ripresa continua a soffrire una profonda crisi produttiva – puntualmente denunciata dalla Cgil regionale – ora si scontra anche con il tentativo di dividere i lavoratori. Con la carota per i “buoni” che non protestano, e il bastone per i “cattivi” che si mobilitano.
“Il tentativo di dividere i lavoratori che stanno lottando per costruirsi un nuovo futuro lavorativo segna davvero un basso profilo etico e sociale – denuncia Braccini – e una condotta discriminatoria ed illegale. Dopo una lettera minacciosa e ricattatoria che aveva inviato a tutti gli ex dipendenti, adesso il liquidatore ha attuato una delle peggiori azioni anche sul piano personale contro i lavoratori che difendono la loro azienda, scegliendo scientemente chi retribuire e chi non retribuire”.
Nemmeno troppo sullo sfondo, c’è lo scontro fra la proprietà (il gruppo Csl di Torino) e gli 85 addetti licenziati, 76 operai e nove impiegati, che da prima di Ferragosto sono davanti ai cancelli anche per evitare il trasloco dei macchinari. I proprietari avevano subito bloccato l’entrata nella Tmm con catene e lucchetti per evitare occupazioni. In risposta i lavoratori, con l’aiuto dei volontari della Croce Rossa che hanno montato delle tende per mantenere il presidio nelle ore notturne, hanno deciso di non lasciar partire nemmeno un spillo dal capannone di viale Africa. Lì dove, ironia della sorte, ha sede la Piaggio, sempre più “internazionalizzata” a scapito dell’indotto della Valdera.
Ora che accadrà? “Avvieremo le dovute azioni legali – anticipa il segretario Fiom – perché sia fatto fronte ai pagamenti di tutti, visto che c’è un accordo sindacale, nelle pieghe dei licenziamenti, non rispettato da parte del liquidatore. Con l’aggravante di una precisa volontà discriminatoria. Di questo comportamento da padrone delle ferriere ne dovrà rispondere personalmente, con i dovuti risarcimenti nei confronti dei lavoratori discriminati”.
Più in generale, Braccini segnala: “A luglio la proprietà aveva detto che tutto andava bene. Poi ha chiuso da un giorno all’altro, e non si è fatta più vedere. I lavoratori sono stati buttati via, come pezze da piedi. E di fronte alle proteste, ecco le ritorsioni. C’è anche un modo civile di chiudere le fabbriche, ma proprio non è questo il caso”.