Abel Ferrara, Terrence Malick, Kathryn Bigelow, Mary Harron, Charles Burnett, Brian De Palma, Oliver Stone, Alex Proyas e John Milius sono solo alcuni degli autori che devono film importanti delle loro carriere, quando non si tratta addirittura degli esordi (come nel caso di Malick, con La rabbia giovane), a Edward Pressman, leggendario produttore newyorkese e una delle grandi anime del cinema indipendente americano degli anni Ottanta e Novanta.
Nell’arco di tutta la sua carriera (fatta di oltre 80 film) Pressman, mancato mercoledì nella sua casa di Los Angeles, a settantanove anni, è sempre stato attratto dagli autori più visionari, dimostrando un’affinità elettiva per i progetti «difficili». Figlio di un ricco industriale del giocattolo (suo padre Jack ideò il primo merchandising per un lungometraggio animato della Disney -bamboline ispirate da Biancaneve) è stato lui a capire che Oliver Stone, di cui aveva già prodotto La mano e con cui avrebbe realizzato Talk Radio, sarebbe stato l’uomo adatto per Wall Street.

DISCENDENTE di una famiglia di finanzieri (e quindi parte di un mondo newyorkese in cui anche Pressman era cresciuto), Stone – che con Salvador e Platoon era diventato un eroe della sinistra più anticapitalista – si rivelò infatti il cavallo di Troia ideale per raccontare, sotto le spoglie di un romanzo di formazione, le malefatte delle banche. Dai grattacieli della Manhattan anni Ottanta ai deserti Cimmeri di Robert E. Howards: Pressman provò per circa dieci anni a produrre Conan il Barbaro, cosceneggiato da John Milius e Oliver Stone. Alla fine, ci vollero i capitali di De Laurentiis per far partire la lavorazione del capolavoro di Milius (su cui Pressman ha credit di produttore esecutivo) ma, come Wall Street, il progetto rimane emblematico di un’idea di cinema indipendente capace di funzionare ai livelli produttivi delle majors hollywoodiane e allo stesso tempo di forzarne l’assetto culturale reazionario. Non a caso, un profilo del «New York Times» uscito nel 1987 definiva Pressman «il pioniere di una nuova razza di produttori che stanno rubando la ribalta agli studios».

CON ABEL FERRARA – newyorkese di ferro anche lui – Pressman scese negli abissi infernali di Il cattivo tenente (di cui poi, tradendo sia Ferrara che New York, produsse anche il remake diretto da Werner Herzog). Fu al fianco di De Palma in Le due sorelle e Il fantasma del palcoscenico. Prodotto da Ed Pressman, che ne ha reso possibile anche il recente restauro, To Sleep With Anger rimane uno dei lavori più belli di Charles Burnett e, purtroppo non facilissimo da vedere, Blue Steel di Kathryn Bigelow è uno dei pochi film veramente indispensabili sulla polizia. Considerato un progetto impossibile tratto da un libro maledetto, nelle mani di Pressman e grazie all’intelligenza della regista/cosceneggiatrice Mary Harron American Psycho è oggi un affilato classico della satira. E, insieme a Stone, Harron è una degli autori con cui Pressman ha lavorato di più. Daliland, la loro ultima collaborazione, sugli anni del tramonto di Salvador Dalì e sua moglie Gala, è previsto in uscita nel 2023. Uomo di modi raffinati (gli appuntamenti spesso li organizzava nelle sale austere dell’Harvard Club) e maniere gentili – lontane dalla caricatura del fiammeggiante produttore hollywoodiano – Pressman è mancato un giorno prima dell’apertura dell’edizione 2023 del Sundance Film Festival. La prima in presenza, da tre anni a questa parte, e quindi un’edizione su cui pesano molte aspettative e responsabilità. La sua scomparsa ci ricorda quello che il cinema indipendente (americano e non) è stato, quello che è oggi e quello che ci auguriamo possa ritornare ad essere.