La poesia di Edward Hirsch – classe 1950, originario di Chicago – è elegante e cosparsa di ethos. I suoi versi, secondo Jhumpa Lahiri, traghettano il lettore «in un luogo provocatorio e accogliente, ricco come un sonno ristoratore pieno di sogni, tanto consolante quanto necessario». Si può notare questa particolarità in Estraneo nella notte, pubblicato in America da Alfred A. Knopf nel 2020 e ora disponibile per il pubblico italiano (traduzione di Katie Scroccaro, Fuorilinea, pp. 152, euro 13): è una raccolta in cui la vita e la morte sembrano in rapporto dialettico. Si pensi al coriaceo interrogativo di Nella valle: «Cos’altro era insegnare / se non zittire una classe / e imparare a stare in piedi / davanti a una lavagna / con un libro aperto / e lodare / l’insondabile / mistero dell’esistenza / a dei bambini che scrivono poesie / o preghiere / nella debole luce blu / di un pomeriggio feriale?». Docente all’Università di Houston, autore del best-seller antologico How to Read a Poem and Fall in Love with Poetry (Harcourt Brace, 1999), Hirsch è un uomo affabile e zagajewskianamente innamorato dell’incanto.

«Estraneo nella notte» esemplifica bene anche la sua concezione della poesia…
Estraneo nella notte è un libro che ripercorre alcune delle cose consequenziali accadute nella mia vita. È un testo che cerca l’accettazione. Cerca di ricordare ciò che mi ha sostenuto. La silloge inizia con il lamento di un «impacciato nel lutto» che prova a fare i conti con la morte di tanti suoi amici. Termina con un’annotazione rivolta a me stesso: smettila di «scrivere elegie». Non voglio diventare una persona in lutto costante. Mi sforzo anche di «non dimenticare lo splendore» (radiance). Una poesia è qualcosa che accade nel linguaggio e che va oltre il linguaggio. Credo nello slancio. La lirica è qualcosa di artificiale, la forma più intensa della letteratura: è linguaggio compresso al massimo grado. Comunica un che di ineffabile. Mi adopero per onorare coloro che sono venuti prima di me. Scrivo poesie per me stesso e per «estranei».

Non a caso, sul «New York Times Book Review» Peter Campion ha scritto che i suoi versi si collocano «tra l’ordinario e l’estatico, dove il quotidiano e l’ultraterreno si temprano a vicenda, dando nuova forza alla poesia statunitense».
Sì, mi piace il decollo in una poesia. Mi piace scrivere un testo che sappia accompagnare il lettore, che lo sappia spostare da qualcosa di familiare o ordinario a qualcosa di non familiare e straordinario. È un movimento accelerato dalla vista all’intuizione. Per me la poesia è parte di una ricerca. Non posso dire se la poesia americana acquisisca nuova forza come parte di questa ricerca – spetta ad altri decidere – ma ho cercato di contribuire e di presentare qualcosa di nuovo nel linguaggio.

«Gabriel: A Poem» (Alfred A. Knopf, 2014) è dedicato a suo figlio…
Gabriel: A Poem è un’elegia in terzine per mio figlio Gabriel, morto all’età di ventidue anni. Racconto la sua storia dal punto di vista di un padre. Ha avuto un impatto minimo nel resto del mondo, ma un’enorme influenza su di me e volevo catturare alcuni aspetti della sua personalità e del suo carattere: la sua vicenda è così dipanata in una poesia lunga un intero libro. Non potevo sopportare il fatto che Gabriel sarebbe stato dimenticato. Ho adattato la lingua della poesia alle sue esigenze. Spero, in questo modo, che la sua presenza possa brillare. Sono consapevole di non essere l’unico padre ad aver subito questo tipo di perdita e nella poesia c’è una sottotrama legata ad altri poeti che hanno perso figli nel corso dei secoli. Agiscono come una sorta di coro di persone che si sono servite del linguaggio per cercare di sopravvivere al dolore. Chi parla nel libro è un io inconsolabile, ma il libro stesso è stato utile a molti genitori che hanno perso i loro figli, e questa è stata una consolazione per me.

A quale nuova raccolta sta lavorando?
Ho ultimato una silloge che si intitola My Childhood in Piece. È la storia della mia infanzia in brevissimi brani in prosa, semi-poesie, che diventano a volte comiche, a volte tragiche, e si sommano a un libro di memorie. Sono cresciuto con molte persone comuni che erano anche personaggi audaci e ho cercato di effigiarli in frammenti.

Come vede l’attuale situazione sociale e politica negli Stati Uniti?
È un quadro complicato. Credo che le circostanze sociali e politiche negli Stati Uniti rispecchino ciò che accade un po’ ovunque. L’economia globale ha lasciato indietro molte persone, ed esse spesso si rivolgono a leader autoritari che sembrano ascoltarli. Sono contrario all’autoritarismo e credo che sia necessario sempre proteggere la democrazia e le norme democratiche. Mi piace pensare che la poesia abbia un ruolo da svolgere. Può aiutarci a vedere l’umanità nelle altre persone. A superare le divisioni. Un mondo migliore è un mondo più attento e umano.