«Con l’accordo raggiunto sulla fornitura del servizio di diretta radiofonica delle sedute parlamentari, il Mise sarà posto – dopo decenni – nelle condizioni di bandire una gara per selezionare il miglior contraente». Il ministero dello Sviluppo economico accoglie quasi con sollievo l’intesa raggiunta, dopo una giornata di litigi, tra il Pd e il M5S sul nodo del rinnovo della concessione a Radio Radicale, l’unico rimasto – insieme alla questione dei tagli ai fondi per l’editoria – per completare la bozza della legge di bilancio.

E sì che, la gara, la chiedeva da tempo la stessa emittente radicale. Eppure nella nota diffusa ieri il ministro 5 Stelle Stefano Patuanelli tiene a sottolineare che «si tratta di un servizio rilevante per i cittadini e il Ministero assicurerà che le regole della gara possano assicurare la massima partecipazione possibile senza, come è ovvio che sia, alcun favoritismo e suscitando l’interesse di soggetti che vogliono mettersi in gioco».

La bozza della manovra prevede infatti che «fino all’espletamento della procedura di affidamento del servizio di trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari, da completarsi entro il 30 aprile 2020, è prorogato il regime convenzionale con il Centro di produzione Spa. Per l’espletamento del servizio è autorizzata una spesa fino al massimo di 8 milioni di euro per l’anno 2020. Il servizio di trasmissione – viene specificato – si intende risolto di diritto salvo che a tale data la procedura non sia stata ancora conclusa».

Una soluzione alla quale non era difficile arrivare: l’aveva caldeggiata anche l’Agcom nella segnalazione urgente inviata al governo nell’aprile scorso. Ma Luigi Di Maio e Vito Crimi, ex delegato all’Editoria, volevano azzerare completamente la concessione e pure il contributo per l’editoria di cui gode, tra gli altri, l’emittente «organo della lista Marco Pannella». La loro posizione però non è stata condivisa unanimemente, nel M5S. La deputata Doriana Sarli, per esempio, si era subito smarcata quando, mercoledì, è andato in scena sul Blog delle Stelle il linciaggio mediatico di Radio Radicale.

E ieri anche Roberto Fico ha dimostrato di gradire la soluzione strappata a fatica dal Pd e da Leu: «È una buona decisione». «Apprezzo le battaglie dei radicali – è la motivazione del presidente della Camera – l’impegno su problemi importanti e temi scottanti della società, dai diritti civili al tema dell’eutanasia, della legalizzazione della cannabis. Sono temi importanti che devono essere dibattuti in modo profondo nella società».

Ma nel testo della manovra è entrato anche lo slittamento di un anno dei tagli (inseriti da Vito Crimi nella precedente legge di Bilancio) ai contributi per l’editoria di cui usufruiscono diverse testate cooperative, tra le quali il manifesto: in previsione di una riforma organica del settore, si legge nella bozza, «sono differite di 12 mesi le riduzioni applicabili alla contribuzione diretta» per le imprese editrici di quotidiani e periodici. Contemporaneamente, per sostenere il settore, come nelle intenzioni del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’Editoria Andrea Martella audito mercoledì in commissione alla Camera, l’esecutivo giallorosso ha previsto in manovra un rimborso dell’80% della spesa sostenuta dalle scuole per eventuali abbonamenti, anche digitali, a quotidiani e periodici. Il contributo dello Stato, a cominciare dal 2020, avrà un tetto definito dalla Presidenza del Consiglio, con un importo massimo di 20 milioni.

Uno sforzo apprezzabile, anche se non è detto che questo governo duri talmente a lungo da permettere al sottosegretario Martella di portare a termine una riforma del genere. Ma che sia necessaria e urgente lo sottolineano anche il Direttivo e la Consulta dei Cdr dell’Associazione Stampa Romana che chiedono «l’apertura immediata di un confronto tra Fnsi, editori e governo per risolvere le crisi aziendali in atto e rilanciare il settore, provato da anni di tagli che hanno gravemente penalizzato il pluralismo e la qualità dell’informazione, ridotto drasticamente l’occupazione». Le parole di Martella, scrivono in una nota, «sono un segnale positivo». Ma «è necessaria un’inversione di tendenza» «Non c’è altra strada che la tutela e la valorizzazione del lavoro giornalistico per rilanciare l’informazione, cardine della dinamica democratica».