Il ministro italiano dell’Economia Gualtieri esce dalla riunione dei ministri delle Finanze, Ecofin, soddisfatto. Lo stop sul quale puntavano Olanda, Irlanda e Lussemburgo non è passato. È stata invece accolta, a maggioranza qualificata, la proposta di mediazione del ministro tedesco Scholz che ha insistito per l’approvazione immediata senza supplementi di discussione. Il tema era centralissimo: la governance, cioè la definizione dei paletti e dei controlli sull’uso del Recovery Fund da parte dei singoli paesi. Proprio il capitolo su cui in luglio aveva rischiato di arenarsi il progetto, sbloccato dopo estenuanti discussioni. «Se non lo approviamo adesso rischiamo di trovarci in una situazione difficile», ha incalzato Scholz, consapevole del rischio ancora fortissimo di uno slittamento dei tempi che impedirebbe l’erogazione dei fondi nella prima metà del 2021.

NEL PROGETTO TEDESCO, che deve essere approvato venerdì dal vertice degli ambasciatori presso la Ue e poi spedito al Parlamento europeo, il cosiddetto «freno d’emergenza» è un po’ ridimensionato. Non moltissimo in realtà ma tanto da permettere a Gualtieri di affermare, del resto a ragione, che il «potere di veto» non è passato. Il “freno” consiste nella possibilità da parte dei singoli Stati di chiedere alla commissione una verifica sugli investimenti e sui progressi reali delle riforme promesse. La stretta chiesta dal ministro olandese Hoekstra consisteva nel reclamare che i Piani di rilancio dei singoli Paesi venissero vincolati alle raccomandazioni della Commissione del 2019, decisamente più rigidi di quelli del 2020, stabiliti in piena era Covid. La proposta non è passata. Il vertice degli sherpa di Ecofin avrà quattro settimane per avanzare gli eventuali rilievi, passate le quali la Commissione procederà con l’erogazione.

I «frugali», che comunque non hanno deposto le armi, hanno comunque ottenuto un «premio di consolazione». Nel testo è stato inserito un richiamo esplicito alla procedura per squilibri eccessivi. Viene così ribadito che il Patto di stabilità è solo sospeso, non cancellato. Quando rientrerà in vigore i Paesi dovranno rientrare nei parametri.

C’È UN’ALTRA NOVITÀ non secondaria. Ecofin ha ritoccato la tempistica entro la quale dovranno essere portati a termine i vari progetti. La commissione aveva fissato 7 anni per gli investimenti e 4 per le riforme. Il limite per entrambe le voci è ora la fine di agosto 2026. Ci sono dunque 5 anni e 8 mesi per completare un’opera che, soprattutto per i Paesi in maggiore difficoltà e più arretrati sulla strada delle riforme come l’Italia, è ciclopica. Tanto più soddisfatto è dunque Gualtieri per un ulteriore elemento emerso dal vertice. La riunione ha chiarito che l’anticipo del 10% del fondo a disposizione che i Paesi potranno chiedere, deve essere valutato sull’intera cifra e non solo sul 70%, altra richiesta avanzata dall’Olanda.

GALVANIZZATO DALL’ESITO positivo della riunione ma spinto anche dalla necessità di rispondere alle critiche e ai dubbi Gualtieri torna sulla Nadef approvata nella notte, chiarendo anche che, con 22 miliardi in deficit e 14 dai fondi europei, la manovra complessiva è di 36 miliardi. Il deficit al 9%, spiega poi, «è una valutazione prudenziale: i dati sul terzo trimestre e la previsione sul quarto, che è stata molto prudente, ci consentirebbero di parlare di un dato migliore». La cautela è dovuta al rischio di un peggioramento del quadro epidemico, citata apertamente nella Nadef. Il ministro afferma però che secondo il governo si tratta di un’eventualità improbabile.

Il quadro del ministro è a tutto campo. La liquidità, che per l’Italia non costituisce un problema, avendo «pieno accesso ai mercati». La Cassa integrazione, che «verosimilmente non verrà usata tutta». Lo spread, che «non è mai stato così basso e può calare ancora». Ma anche il Mes. «Lo abbiamo già usato», afferma. L’approvazione della nuova linea di credito «è di per sé un elemento sistemico che ha contribuito al calo dello spread». Formula diplomatica che piacerà tuttavia più a chi, come i 5S, di Mes non vuol sentir parlare che non a chi, come Zingaretti e Renzi, non intende accontentarsi dell’«elemento sistemico» e vorrebbe chiedere subito il prestito sonante.