Nel 2013 sono diminuiti gli incendi dolosi, fine delle buone notizie. Il Rapporto ecomafia 2014 di Legambiente, presentato ieri a Roma, mostra come la criminalità organizzata continui a devastare il territorio mentre il parlamento non approva la legge sui reati ambientali. Nel frattempo, vige ancora una normativa basata sulle contravvenzioni, che riconosce le ragioni dell’economia ma tralascia i costi ambientali, sanitari e sociali. L’anno scorso sono state quasi 30mila le infrazioni accertate (più di 80 al giorno) per 321 clan. Un business di 15 miliardi di euro agevolato anche dall’aiuto di funzionari e dipendenti pubblici corrotti, che hanno semplificato iter e processi autorizzativi. Aumentano i reati nel ciclo dei rifiuti (15% del totale) e contro la fauna (22%), raddoppiano rispetto al 2012 nel settore agroalimentare (25% del totale nel 2013), mentre il 14% riguarda il ciclo del cemento. Sono ventuno le amministrazioni comunali sciolte per condizionamento mafioso.

Gli ecocriminali non conoscono confini: i rifiuti, ad esempio, non finiscono solo sotto terra ma anche nei circuiti del riciclo in nero o del finto riciclo; nelle banche straniere transitano soldi accumulati trafficando rifiuti, prodotti alimentari contraffatti e opere d’arte rubate. «All’inizio di quest’anno – ha dichiarato il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza – sembrava possibile uno scatto politico in avanti per affrontare finalmente reati ambientali e corruzione. Invece entrambi i disegni di legge in materia sono bloccati in parlamento e la commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti non è ancora operativa». Certo, il taglio alla spesa pubblica ha ridotto le occasioni di guadagno per il business ecocriminale ma rimane invariato nel settore rifiuti speciali (3,1 miliardi) e abusivismo edilizio (1,7 miliardi). Il 40% dei reati avviene nelle regioni a tradizionale insediamento mafioso, Campania in testa con 953 reati, il 17% del totale, seguita da Puglia, Calabria e Lombardia. Tra le provincie, prima è Napoli seguita da Roma quindi Reggio Calabria e Salerno.

La regione del centro Italia con più ecocrimini è il Lazio con 2.084 reati, mentre la prima regione del nord è la Liguria con 1.431 reati. Se il settore della grande distribuzione è uno dei più contaminati dai clan, anche la green economy è entrata nel mirino, grazie anche agli incentivi pubblici. Infine la Terra dei fuochi, dove prima lo stato mostra i muscoli dopo decenni di colpevole ritardo e poi taglia i fondi ai campionamenti.