La Commissione nazionale per la verità (Cnv), istituita tre anni fa, ha consegnato ieri alla presidente Dilma Rousseff il rapporto finale sui crimini della dittatura militare che governò il Brasile dal 1964 al 1985. Frutto di due anni e sette mesi di lavoro, il testo, diviso in tre volumi di 3.380 pagine complessive, illustra nel dettaglio i reati commessi contro 434 oppositori, arrestati, torturati e fatti scomparire per motivi politici (210 sono dati per «desaparecidos» e 224 per morti, ma solo 33 corpi sono stati localizzati).

377 invece i responsabili individuati e citati nel rapporto, dei quali solo un centinaio sarebbero ancora in vita. Tra i nomi compaiono anche quelli di cinque ex presidenti. Secondo la Commissione l’amnistia varata nel 1979 non andrebbe applicata a questi casi per la gravità dei reati commessi, che configurano – sostiene il coordinatore della Commissione, il giurista Pedro Dallari – dei «crimini contro l’umanità».

Rousseff, lei stessa arrestata e torturata ai tempi della dittatura, nel corso della cerimonia di consegna – avvenuta non per caso nel giorno in cui si celebra la Giornata mondiale dei diritti umani – è scoppiata in lacrime. «Il Brasile merita di sapere la verità», ha detto. Aggiungendo che il lavoro condotto dalla Commissione rientra tra i «gesti che costruiscono la democrazia» e che «verità non significa revanscismo».