Allarme per Benyamin Netanyahu che ieri si è messo in quarantena volontaria per un possibile contagio da coronavirus dopo che una sua collaboratrice, Rivka Palush, responsabile per i rapporti con la comunità religiosa ultraortodossa, era risultata positiva all’infezione. Netanyahu, 70 anni, si è sottoposto al tampone e l’esito è stato negativo per il sollievo della destra israeliana. Il fatto che Rivka Palush sia una osservante ha puntato ancora di più i riflettori sugli ebrei haredim (“timorati di Dio”) che, secondo dati diffusi dalle reti televisive, rappresentano la metà dei ricoverati per il Covid-19 e una buona porzione dei 4695 positivi al virus. I pazienti ultraortodossi sono il 60% di quelli ospedalizzati nel reparto di terapia intensiva dello Sheba Medical Center di Tel Aviv e percentuali simili di registrano in altri ospedali.

 

La diffusione del contagio nella comunità ultraortodossa sarebbe il risultato del mancato rispetto del distanziamento sociale e della tendenza degli haredim, per ragioni religiose, a ignorare le regole dettate dal governo per combattere il coronavirus. «Questo comportamento, molto criticato in questi giorni dagli israeliani laici, va spiegato», dice al manifesto Yigal Bronner, docente all’Università Ebraica di Gerusalemme «dipende anche dalla mancanza di fiducia nello Stato. Gli haredim che si sentono considerati un peso, un problema, e non si fidano di ciò annunciano le autorità».

 

Le famiglie degli ultraortodossi di solito sono numerose e abitano in aree densamente popolate come lo storico quartiere di Gerusalemme, Mea Sharim, e la cittadina di Bnei Brak nei pressi di Tel Aviv. Gli insediamenti coloniali israeliani più ampi nella Cisgiordania palestinese sono abitati da decine di migliaia di haredim. Il governo Netanyahu presto potrebbe mettere in quarantena tutta Bnei Brak e altri centri. E il ministro della sicurezza pubblica Gilad Erdan ha protestato con forza per un funerale di massa, svoltosi a Bnei Brak, definendolo «un grave incidente che mette in pericolo la vita». Ha quindi chiesto alla polizia di fare tutto il necessario per far rispettare le restrizioni ovunque. Soggetto a forti pressioni l’importante rabbino Chaim Kanievsky, che nei giorni scorsi aveva esortato la comunità haredi a proseguire le preghiere anche al chiuso, nelle sinagoghe, e le attività quotidiane senza limitazioni, ora chiede il rispetto delle regole. Non tutti sono pronti ad ascoltarlo. Ieri gruppi di “timorati” non hanno esitato ad affrontare la polizia con lanci di pietre e ad infrangere il lockdown inasprito ulteriormente da Netanyahu.

 

Il governo intanto si prepara ad allestire in alcuni alberghi degli speciali centri di quarantena per gli ultraortodossi, con un rigido rispetto delle prescrizioni alimentari e della separazione fra i sessi. «Occorrerà intervenire anche a livello sociale» avverte Yigal Bronner «nelle strade del paese si sta diffondendo una pericolosa avversione per i religiosi ortodossi descritti da molti come parassiti che non hanno a cuore il bene di tutta la popolazione».