Le vittime dell’epidemia di Ebola hanno superato quota mille. A comunicarlo è stata ieri l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) secondo la quale il virus che ha colpito l’Africa occidentale ha ucciso ormai 1.013 persone, mentre 1.848 sono i casi registrati. L’Oms ha dato anche il via libera alla somministrazione di farmaci ancora in via sperimentale, nella speranza di riuscire così a mettere un argine all’epidemia. La notizia arriva proprio nelle stesse ore in cui in Spagna Ebola fa la sua prima vittima europea. Si tratta del missionario spagnolo Miguel Pajares, 75 anni, ricoverato nell’ospedale di Madrid dopo che giovedì scorso era stato rimpatriato dalla Liberia dove aveva contratto il virus nell’ospedale Saint Jospeh di Monrovinel quale lavorava. Pajares è il quarto membro dell’ospedale – chiuso dalle autorità liberiane – che muore nell’arco di 10 giorni. Con il missionario spagnolo giovedì era stata rimpatriata anche una suora risultata finora negativa la virus. E sempre ieri si è appreso di un nuovo caso sospetto, registrato questo volta in Turchia. Si tratta di una passeggera nigeriana di 32 anni, incinta, che viaggiava con il figlio di 4 anni su un volo della Turkish-Airlines proveninente da Lagos. All’aeroporto Ataturk di Istanbul, dove avrebbe dovuto imbarcarsi su un volo per Barcellona, la donna è stata invece fermata e posta in isolamento con il figlio.
Nonostante le misure anche drastiche adottate dai Paesi colpiti – in Liberia tre province sono state messe in quarantena e isolate, mentre in Sierra Leone 1.500 tra soldati e poliziotti controllano che vengano rispetatte tutte le misure anti-Ebola – il virus non accenna a rallentare la sua corsa. Le ultime 52 vittime sono state registrate tra il 7 e il 9 agosto insieme ad altri 69 nuovi casi tra confermati, probabili e sospetti. I decessi si sono avuti in tre dei quattro paesi colpiti: 11 nuovi casi e 6 decessi in Guinea, 45 nuovi casi e 29 decessi in Liberia e 13 nuovi casi e 17 decessi in Sierra Leone. Nessuna vittima né nuovi casi invece in Nigeria.
Ma la vera novità di ieri è stato il via libera dato dall’Oms alla distribuzione di farmaci ancora in via sperimentale.
A deciderlo è stato il gruppo di esperti a cui spettava il compito di stabilire se fosse o meno etico sommistrare medicinali che potrebbero avere effetti collateraili ancora sconosciuti. E la risposta è stata positiva a patto però, hanno sottolineato gli esperti, che si rispettino alcune condizioni precise. E queste sono: «trasparenza sotto tutti gli aspetti dell’assistenza, consenso informato, libertà di scelta, riservatezza, rispetto della persona, tutela della dignità e coinvolgimento delal comunità» scientifica. Nonché l’obbligo di condividere tutti i dati raccolti nel corso del trattamento.
Si tratta di un passo importante, che va nella direzione indicata nei giorni scorsi da alcuni ricercatori dell’Oms ma anche dal ministro della Sanità della Nigeria che aveva chiesto espressament che venisse distribuito nel Paese lo stesso siero sperimentale impiegato per curare due missionari americani contagiati e le cui condizioni di salute stanno migliorando. Si tratta dello ZMapp, un siero ricavato dalle piante di tabacco e costituito da tre anticorpi che favoriscono la reazione del sistema immunitario. Ieri la Mapp Biopharmaceutical, l’azienda che procude il siero con un contributo del dipartimento della Difesa americano, ha reso noto di aver inviato gratuitamente in Africa tutte le dosi disponibili e non essere in grado di fornire nuove confezioni del medicinale prima di due mesi.
In aggiunta al siero ci sono poi due farmaci che impedirebbero al virus di replicarsi e un vaccino.
Nonostante il via libera dato agli esperti dell’Oms, non è però scontato che l’invio dei farmaci in Africa possa essere immediato. Resta infatti da capire la reale diponibilità di medicinali e la reale possibilità di somministrarli subito alle popolazioni colpite. La decisione mette comunque fine alle poleniche seguite nei giorni scorsi per la scelta, approvata dal presidente Usa Barack Obama, di non inviare nei Paesi colpiti dal virus gli stessi farmaci impiegati per curare i missionari occidentali.