La diffidenza verso i politici che governano, gli effetti della crisi economica e l’ancestrale paura dell’epidemia, flagello divino con radici bibliche, si intrecciano in questi giorni nelle reazioni dei cittadini europei di fronte al virus Ebola. In Europa, è in corso un caso di infezione, l’infermiera spagnola Teresa Romero, che era ieri in uno stato molto serio, dopo un improvviso aggravamento della sua situazione, all’ospedale Carlos III di Madrid.

In Francia, dove un primo caso di una volontaria di Médecins sans frontières, ricoverata all’ospedale militare Bégin di Saint-Mandé, si è risolto con una guarigione grazie a cure sperimentali, ieri pomeriggio la ministra della Sanità, Marisol Touraine, ha precisato che il caso sospetto di una ricoverata all’ospedale Bichat di Parigi (una giornalista americana proveniente dalla Liberia) si è rivelato negativo, dopo due serie di test realizzati dall’istituto Pasteur di Lione. Touraine ha informato che undici casi sospetti sono stati sottoposti a test in Francia e tutti sono risultati negativi, mentre sono stati segnalati nel paese ben 400 casi e un po’ più di 20 persone piazzate in camere sterili negli ospedali prescelti per far fronte all’epidemia. La ministra ha precisato che il governo non farà “nessun commento” sui casi sospetti e, se un malato verrà confermato, l’opinione pubblica verrà immediatamente informata: la comunicazione è “centralizzata” al ministero della sanità, per evitare di fomentare il rischio di diffusione dell’inquietudine.

Difatti, in Francia, negli ultimi giorni, si sono verificate due false allerta: per alcune ore è stato messo in quarantena un edificio di Cergy-Pontise, che ospita un centro sociale, dove un sans-papier era sospetto, mentre nella periferia parigina dei genitori si sono inquietati per la presenza di allievi che erano arrivati di recente dalla Guinea. Il primo ministro, Manuel Valls, per rispondere alla sfiducia nelle istituzioni, ha messo in guardia contro “i movimenti di panico”, che possono venire favoriti dalle autorità ma anche dalla stampa.

In Spagna, intanto, cresce la polemica sugli errori commessi nel caso dell’infermiera Romero. Mancanza di formazione del personale e dei medici, errore umano commesso dalla stessa infermiera che si era occupata di due missionari spagnoli colpiti dal virus (e deceduti), tagli al budget della sanità sono sul banco degli accusati. Nella Ue, la denuncia dei sindacati spagnoli ha avuto una forte eco soprattutto in Grecia, altro paesi colpito dalla cura di austerità.

Ma la Commissione vuole essere rassicurante. Il 16 ottobre è convocato un vertice. Secondo il portavoce per la sanità della Commissione, Frédéric Vincent, “la situazione non puo’ essere paragonata a quello che succede in Africa, un’epidemia di Ebola in Europa è altamente improbabile”. Nella Ue ci sono stati 8 casi di Ebola e tutti riguardano personale sanitario che lavorava in Africa.

La Commissione ha preso delle decisioni: intensificazione del rimpatrio di personale sanitario contaminato in Africa, misure di controllo aumentate negli aeroporti, maggiore informazione dei viaggiatori. Il 16 ottobre a Bruxelles ci sarà il primo vertice straordinario degli stati membri dedicato all’epidemia, lo ha annunciato la ministra della Salute italiana, Beatrice Lorenzin.

Nella Ue, il Portogallo ha pronti 37 letti in unità di isolamento e aerei-ambulanza, la Danimarca ha 42 letti, l’Italia 21 e la Francia 20: la Ue si prepara a un aumento dei rimpatri di casi sospetti.

L’Europa intende anche aiutare i paesi africani colpiti a far fronte, sul posto, all’epidemia. La Francia, a novembre, apre un centro con 50 letti nella foresta della Guinea, in collaborazione con Msf e la Croce rossa, la Gran Bretagna ha previsto l’invio di una nave medicalizzata, tre elicotteri in Sierra leone la settimana prossima, e di 750 militari, che contribuiranno alla costruzione di strutture di cura sul posto. La Ue ha deciso martedi’ l’invio di 3 Boeing 747 Cargo verso la Sierra Leone, la Liberia e la Guinea, con materiale medico, maschere, guanti e prodotti di igiene. Il primo parte oggi, da Amsterdam, con 100 tonnellate di materiale per Freetown. La Germania è pronta ad accogliere dei malati in alcuni ospedali. L’Austria si appresta ad inviare aiuti materiali, come il Belgio. Slovacchia, Lussemburgo, Estonia, Polonia, Svezia hanno stanziato dei fondi.

La commissaria agli aiuti umanitari, Kristalina Georgieva, ha precisato che è all’opera un sistema per permettere l’evacuazione in 48 ore degli stranieri colpiti nei paesi africani implicati. “Siamo in una corsa contro il tempo per combattere Ebola”, ha affermato. L’Ue ha sbloccato 180 milioni di euro per i tre paesi maggiormente colpiti, ma degli aiuti sono previsti anche per altri stati ad alto rischio, come per esempio il Congo Brazaville (l’Onu afferma che ci sarebbe bisogno di un miliardo di dollari, 770 milioni di euro, per debellare l’epidemia).

La Francia non ha aumentato i controlli agli aeroporti, perché per la ministra Touraine “non è la soluzione miracolosa”, mentre la Gran Bretagna ha deciso un “depistaggio rafforzato” negli aeroporti di Londra e all’arrivo dell’Eurostar. Stessa reazione in Canada e negli Usa, dove un malato è deceduto in un ospedale del Texas mercoledi’.

In Europa, c’è un caso sospetto in Macedonia, dove un inglese è deceduto giovedi’. Ma i risultati delle analisi, realizzate in Germania, ci saranno solo sabato.

Per quanto riguarda le cure, il Canada ha proposto un migliaio di dosi di un vaccino, ma l’Organizzazione mondiale della Sanità resta prudente perché non ci sono state ancora sperimentazioni sull’uomo e per ora il siero resta bloccato nella città di Winnipeg.