Il “leaderismo” ha preso piede anche a sinistra, le ultime vicende politiche ce ne danno l’ennesima dimostrazione. Anche sul piano sindacale, pur con le dovute differenze, ne vediamo gli effetti negativi. Lo Statuto della Cgil all’articolo 14 definisce gli «organi della confederazione», che sono improntati alla valorizzazione del ruolo collettivo e collegiale. Anche nella titolazione dell’articolato non viene citato il segretario generale, ma la segreteria, che funziona e decide collegialmente. La ratio è chiara: si dà valenza al ruolo collettivo e non al singolo.

Da alcuni mesi siamo a conoscenza di incontri tra i sindacati e la Confindustria per definire un regolamento. Venerdì 10 gennaio è stato siglato il «Testo unico sulla rappresentanza». Ci i sono problemi di merito. E non siamo d’accordo nemmeno con il metodo utilizzato per arrivare alla firma. Prima non c’è stato nessun incontro né della segreteria nazionale, né tanto meno del Direttivo nazionale, che è il più importante organo deliberante della Cgil tra un congresso e l’altro. E lo Statuto stabilisce che «al solo Comitato direttivo della Cgil nazionale è affidato il compito di deliberare sulle piattaforme e sugli accordi interconfederali».

L’accordo in questione è stato firmato prima di qualsiasi discussione, e la convocazione del Direttivo nazionale, in data posteriore, trasforma l’appuntamento in un referendum pro o contro il segretario generale che ha messo la sua firma sul testo. Sul merito, Lavoro Società ha sostenuto e votato l’accordo del 28 giugno 2011 che aveva al suo centro la difesa del contratto nazionale, la centralità del valore lavoro, la difesa della contrattazione e l’affidabilità tra le parti e il rispetto delle regole stabilite.

Voglio ricordare che il patto Europlus del 24 marzo 2011, tra le altre cose, metteva in discussione il ruolo del contratto nazionale andando a favorire il contratto aziendale. La lettera della Bce del 4 agosto 2011, al governo Berlusconi, ribadiva le stesse cose e il governo dell’epoca, con la manovra dell’agosto 2011, all’articolo 8 attaccava il contratto nazionale e la contrattazione collettiva. Ancora oggi siamo a chiedere l’abolizione del famigerato articolo 8. Abbiamo sostenuto un avanzamento storico sulla democrazia.

La misurazione della rappresentatività delle organizzazioni sindacali nel computo dei numeri di tessere e voti espressi dalle organizzazioni sindacali, nelle elezioni delle Rsu, è una vera novità nei settori privati.

Nel pubblico esiste una legge dal 1997: l’assegnazione dei seggi su base proporzionale, superando l’iniquità della quota di 1/3 assegnato alle organizzazioni sindacali. Il voto dei lavoratori certificato sugli accordi, l’obbligo del 50+1 per firmare accordi, dopo la stagione degli accordi separati, era ed è per noi fatto importante e positivo.

Anche nell’accordo del 31 maggio 2013 si pone la questione dell’esigibilità. Al punto 5 si stabilisce che i contratti collettivi nazionali di categoria dovranno definire clausole e/o procedure di raffreddamento finalizzate a garantire, per tutte le parti, l’esigibilità degli impegni assunti e i conseguenti ed eventuali inadempimenti. Questo accordo fu approvato dal 98% del Direttivo nazionale. L’accordo firmato il 10 gennaio 2014, ha un forte limite di merito.

In segreteria, il 13 gennaio ho posto problemi di metodo e di merito. Non va bene tutta la quarta parte, cioè le «disposizioni relative alle clausole e alle procedure di rafforzamento e alle clausole sulle conseguenze di inadempimento». C’è scritta a chiare lettere la parola «sanzioni», un termine sbagliato e fuori luogo. La sanzione è una punizione per chi non osserva una normativa o un ordine. La nostra è una rappresentanza sociale organizzata, ma fluida nella relazione con i delegati e i lavoratori. Inoltre la sanzione ha il carattere della coercibilità, e l’applicazione ha bisogno del soggetto giuridico che la fa applicare, altrimenti resta una scelta politica di cattivo gusto.

A mio parere si poteva lasciare la stessa identica formula dell’accordo del 31 maggio 2013. Non condivido queste disposizioni. Mentre, fermo restando il giudizio negativo sul metodo, il resto del regolamento è un avanzamento e un rafforzamento della democrazia sindacale.

*Segretario nazionale Cgil, coordinatore nazionale Lavoro Società