Nel 1968 Zappa aveva ventotto anni anni, era attivo professionalmente da cinque ed aveva già alle spalle alcune delle più dirompenti e creative avventure sonore che il «secolo breve», per dirla con Hobsbawm, avesse mai ascoltato da un disco in vinile, o in rutilanti concerti – happening. D’altra parte basta scorrere la lista dei ringraziamenti pubblicata sull’album doppio del ’66 Freak Out! rivolta ai musicisti che il geniale chitarrista e compositore ci teneva a mettere in risalto per capire quale pasta sonora Frank Zappa avesse in testa. Scorrono i nomi di Sun Ra, Edgar Varèse, Luigi Nono, Eric Dolphy, Ravi Shankar. Opportunamente miscelati a bluesmen come Little Walter, Sonny Boy Williamson, Buddy Guy, Albert Collins. I diavoli e le acquesante, in pratica. Ma Zappa funzionava così: irridendo ogni sacro principio, musicale e no, molto seriamente, e prendendo assai sul serio quanto era considerato poltiglia commerciale.

NEL 1968 Frank Zappa è un vulcano di creatività che mette a dura prova sia chi gli deve suonare accanto, da cui pretende virtuosismo e ironia asiseme, sia il pubblico che crede di assistere a un normale, magari un po’ sovraccarico concerto rock e si ritrova in un teatro grottesco, ma molto ponderato e divertente. Perché un concerto delle Mothers of Invention nel 1968 è grande musica e grande oltraggio, perfino per il beato mondo della controcultura allora imperante, perché Zappa non le mandava a dire neanche ai colorati fricchettoni frastornati dalle canne che meglio avrebbero fatto, secondo lui, a prender di petto il sistema che mandava i ragazzi a morire nel fango del Vietnam.

Esisteva già qualche registrazione dell’incendiario ’68 di Zappa sui palchi, sbriciolata qui e là nella sua imponente, labirintica discografia, soprattutto un notevole Ahead of Their Time, inciso alla Royal Festival Hall del 28 ottobre 1968. La splendida notizia, per gli zappiani che sono ancora legioni, nel pianeta, è che ora esce per la Zappa Records ufficialmente Whisky a Go Go, 1968, spettacolare cronaca sonora restaurata di un’intera serata in tre lunghi set nel leggendario night club di Los Angeles, West Hollywood, sulla Sunset Strip. Tre cd con la formazione a nonetto delle Mothers con Ian Undewood al contralto, Don Preston alle tastiere, Roy Estrada al basso e alla voce, l’accoppiata batteristica Art Tripp e Jimmy Carl Black, tra gli altri. Ospiti speciali alle voci Kim Fowley e le misteriose ma non troppo GTO’s, ovvero le «Girls Together Outrageously», Il gruppo delle ragazze assieme per portar provocazioni e scompiglio.

IN SALA in quel caldo 23 luglio c’erano anche The Turtles, e cioè il duo comico Flo & Eddie che poi Zappa avrebbe accorpato in una sua formazione a venire, il bluesman inglese John Mayall padre di tutto il blues revival albionico, l’oltraggiosissimo Alice Cooper, che Zappa si sarebbe messo sotto l’ala in anni successivi con gran gusto, e si adocchiarono anche diversi membri dei Rolling Stones. A giudicare dai personaggi, tutta gente che, oltre alla musica, approfittò delle oltre tre ore di concerto per andare anche a scuola di teatro della provocazione.
Zappa e le «madri dell’invenzione» non si risparmiarono, e, tanto per mettere in chiaro subito le cose, invece di attaccare il concerto con qualcosa di conosciuto o quantomeno riconoscibile, partirono con dieci minuti brucianti e impossibili improvvisazioni. Bel preludio all’assedio sonoro implacabile di Help, I’m a rock fatta reagire con il Transylvania Boogie: il kraut rock sperimentale dei Can trasferito di peso tra le Stelle e Strisce, fatto di ostinati ritmici e di contorte e visionarie improvvisazioni del baffuto Maestro sulla chitarra ancorate a sghembe paludi modali. E poi ci sono le canzoncine derapate in rumore, il futuro del jazz rock a venire con la suite King Kong, la ferocia di Plastic People costruita sul riff ottuso di Louie Louie, che ovviamente Zappa adorava. Piatto ipercalorico e scottante, ancora una volta, dal 1968.