La cena di Arcore manda letteralmente fuori dai gangheri il M5S. «L’asse tra Berlusconi e Salvini non si è mai rotto», s’infervora Paola Nugnes. Ma stavolta il gioco sui due tavoli di Salvini non è andato giù neppure al collega vicepremier. Ad Arcore, ospiti Salvini e Giorgetti, gli alleati separati del centrodestra hanno confermato l’accordo per il via libera a Marcello Foa come presidente del cda Rai.

Non è una faccenda che si possa risolvere con un voto secco. Mercoledì, in Vigilanza, andrà ai voti la mozione, firmata anche da Paragone per i 5S, che impegna il cda a proporre subito un candidato, senza escludere nessun consigliere tranne l’ad: tanto varrebbe scrivere che lo impegna a riproporre Foa. A quel punto, prima del voto vero e proprio, ci sarà tempo per rifinire l’accordo. Si passerà anche per un vertice dell’intera ex coalizione, presente anche Giorgia Meloni. Oggi stesso o al massimo domani. Una formalità: il sì di Fratelli d’Italia su Foa è già stato incassato.

In cambio del semaforo verde per Foa, Salvini si è impegnato a stringere alleanze solo con il centrodestra nelle prossime regionali. Nelle due regioni chiave ha chiesto una candidatura del Carroccio in Sardegna, importante per la conquista del centrosud, lasciando invece agli alleati azzurri il Piemonte. Ma il pezzo forte è stata l’assicurazione sugli introiti pubblicitari Mediaset. Salvini avrebbe definito senza mezzi termini «una sbruffonata» il piano di Vito Crimi, sottosegretario con delega per l’editoria, che, se davvero applicato, implicherebbe una mazzata micidiale, centinaia di milioni di euro, per Mediaset.

Quella garanzia offerta al nemico di sempre dei 5S e proprio sul terreno più minato, quello degli interessi d’azienda, suscita «forte irritazione» nella tolda di comando pentastellata. Tanto forte che sono loro stessi a farla trapelare. Ma il caso Berlusconi è solo la classica punta dell’iceberg. Il problema è che tra una partita di calcio e una di volley si è parlato anche di crisi di governo. Salvini la esclude: «Non c’è il casus belli», avrebbe detto. Ma solo solo fino alle europee di maggio. Poi chissà. Berlusconi sperava in qualcosa di più. «Oggi la Lega è forte ma il centrodestra deve essere unito se non vuole consegnare tutto, anche i governi regionali, a M5S, il solo vero progetto alternativo», commenta Mara Carfagna, come al solito vicinissima al capo.

Per i 5S, in compenso, è già troppo. Subodorano il tentativo di giocare su due tavoli, usando la minaccia di crisi e ritorno col centrodestra come pistola puntata nelle trattative sulla legge di bilancio. Così, per la prima volta dalla formazione del governo, s’imbufaliscono sul serio: «Il tempo per la Rai scade questa settimana. Se non si può fare Foa ce ne faremo una ragione», affonda Di Maio. Ma la vera replica a muso duro è un’altra: «Il piano Crimi per ora non si tocca», fanno sapere le voci dal quartier generale pentastellato. Giusto per far capire a Salvini che non è il solo ad avere un’arma carica in tasca.