Ora che al cosiddetto “turismo procreativo” saranno costrette solo le donne single e le coppie omosessuali italiane, «la prima cosa da fare è ricreare le banche del seme». Andrea Borini, presidente dell’Osservatorio turismo procreativo e della Società italiana fertilità e sterilità (Sifes), si rallegra della sentenza della Consulta che riammette anche in Italia la possibilità per una coppia di concepire un figlio legalmente riconosciuto con seme o ovocita donato da un donatore terzo. «Spero solo che il legislatore vorrà ora autorizzare la fecondazione eterologa anche nei centri pubblici, e non solo privati, come era prima della legge 40».

Ma esattamente cosa vuol dire, per quanto riguarda l’eterologa, tornare alla situazione precedente al 2004, anno in cui venne varata la legge che maggiormente ha intasato le aule giudiziarie del nostro Paese? Fermo restando che di quella normativa rimane tuttora in vigore l’articolo 5 (uno dei pochi a non aver subito modifiche nei tribunali) che consente l’accesso alle tecniche di Procreazione assistita (Pma) solo alle «coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi». Single e omosessuali esclusi, dunque. Comunque, «prima della legge 40 non c’era alcuna legge a regolamentare la Pma – racconta Borini – ma solo due direttive ministeriali: una del ministro Bindi che vieta di retribuire i donatori, e una precedente che vieta la fecondazione eterologa ai centri pubblici. Adesso i centri privati potrebbero iniziare già da subito a ripristinare le tecniche finora vietate». Servirebbero però nuove banche del seme e degli ovociti. Da noi, a differenza che in altri Paesi, «le donne non sono mai state donatrici a pagamento», ricorda Borini. «In Spagna, per esempio, le donne che donano i propri ovuli sono pagate fino a 2000/2500 euro, mentre in Catalogna al massimo mille euro; negli Usa il “rimborso” arriva a circa 3500 dollari». In Italia invece i gameti femminili donati sono sempre stati quelli prodotti in eccesso dalle donne sottoposte a fecondazione assistita. Al contrario, i donatori di sperma, prima della direttiva Bindi, percepivano una sorta di retribuzione economica anche nel nostro Paese. Sia per le donne che per gli uomini, esisteva presso ogni centro un registro dei donatori coperto da privacy. «Ma non c’era un registro nazionale – aggiunge Borini -; solo più tardi, e solo in alcuni Paesi, hanno introdotto per il donatore l’anonimato come opzione, dando così anche alla coppia ricevente la possibilità di scegliere tra un genitore biologico anonimo o uno eventualmente rintracciabile». Ricreare le banche del seme è particolarmente importante perché per questioni mediche i gameti vanno congelati prima dell’utilizzo. E se «è più probabile che si abbiano ovuli congelati già pronti -conclude Borini – il liquido seminale raccolto deve essere sottoposto a congelamento in quarantena per almeno 6 mesi».