Una doccia gelata per il governo: la crescita zero del secondo trimestre costringe il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan a riconsiderare tutto il quadro macroeconomico mentre prepara la Nota di aggiornamento al Def che dovrà essere presentata il 27 settembre. Una frenata inaspettata, o che perlomeno si era tentato di esorcizzare, e che viene riequilibrata parzialmente dalla revisione al rialzo della crescita tendenziale (da 0,7% a 0,8%). Tanto che Padoan ostenta sicurezza e fiducia per la chiusura dell’anno, augurandosi evidentemente un’accelerazione nel secondo semestre: «Il Pil è in crescita. Questo è il mio commento», taglia corto accerchiato dai giornalisti al Forum Ambrosetti di Cernobbio.

Ecco che a questo punto una correzione rispetto alle stime oggi contenute nel Documento di economia e finanza, così come era stato elaborato prima dell’estate, sarà probabilmente necessaria: la crescita all’1,2% per quest’anno è evidentemente un bersaglio ormai non più a portata, come l’1,4% l’anno prossimo. Il premier Matteo Renzi nelle sue 30 slide di qualche giorno fa ha segnato un +1% (che rappresenta già, di per sé, una correzione al ribasso della precedente previsione), e sarebbe grasso che cola. Il target, comunque, resta quello di far meglio dello 0,8% dell’anno scorso, così da poter dichiarare che tutto il 2016 non è andato perduto.

L’immagine del ciclista che è caduto e che si rialza, che non ha ancora recuperato tutti gli avversari, ma che stringe i denti per non mollare, è efficace per richiamare il Paese a una sorta di unità comune, dove non si può accusare il governo se la ripresa si fa attendere: «Il ciclista – ha detto il presidente del consiglio agli imprenditori riuniti sul lago di Como – si è rialzato dopo una caduta, ma siamo ancora in fondo al gruppo, abbiamo recuperato il gruppo, ma c’è ancora tanto da fare».

La salita sarà più dura del previsto perché raggiungere l’1% non sarà, secondo molti analisti, impresa facile. Prometeia parla di «peculiare fragilità italiana» e annuncia una probabile revisione al ribasso delle proprie stime di luglio che indicavano per quest’anno un aumento del Pil dello 0,8% e per il prossimo un poco più alto +0,9%. Intesa San Paolo sposa la stessa stima di +0,8% nel 2016, con una «modesta accelerazione l’anno prossimo, a +1%»: per arrivare all’obiettivo dell’1% già quest’anno occorrerebbe infatti «una crescita molto forte nel secondo semestre, dello 0,4% trimestrale in media, poco coerente con le recenti indicazioni congiunturali». Lo stesso Fmi prevede per quest’anno una crescita allo 0,9%.

Difficile la crescita, cautela quindi con il deficit: perché se il denominatore è più basso, bisognerà rivedere anche il numeratore. Controllando da vicino l’indebitamento. Quest’anno, sempre stando al Def di primavera, a una crescita dell’1,2% veniva fatto corrispondere un deficit, concordato con l’Unione europea grazie ad una maggiore flessibilità, del 2,3%. L’anno prossimo con il +1,4% di Pil, l’Italia avrebbe dovuto centrare il target di 1,8% di deficit, anche in questo caso «concesso» da Bruxelles. Nelle 30 slide, Renzi ha portato il Pil all’1% e contemporaneamente il deficit al 2,4%: e ugualmente sarà da correggere il deficit dell’anno prossimo. Sempre con l’accordo di Bruxelles, da guadagnarsi, perché da lì potrebbero venire miliardi utili per la crescita. Angela Merkel qualche giorno fa a Maranello ha dato il suo sostegno, quindi il governo per ora è ottimista.

Lo stesso Padoan ha spiegato a Cernobbio che la legge di bilancio «avrà spazi e risorse disponibili per la crescita». La riduzione dell’Ires, innanzitutto, confermata ieri sia dal ministro che dal premier. L’allineamento dell’Iri, favorendo chi reinveste gli utili in azienda, e l’estensione del superammortamento. Poi, se sarà possibile mettere d’accordo le parti sociali, una intesa per incentivare il salario aziendale: tema non toccato esplicitamente, ma a questo pare riferirsi il titolare dell’Economia quando parla di «misure per la competitività». Infine, serviranno 15 miliardi per «disattivare le clausole di salvaguardia», ovvero l’aumento di Iva e accise.

Un Patto per la crescita cui pare alludere Annamaria Furlan, della Cisl, che ieri ha chiesto di lavorare per «nuove regole Ue e per un patto tra governo e parti sociali». Un «piano selettivo di investimenti pubblici svincolati dagli attuali vincoli di stabilità», e una «intesa con l’esecutivo per ridurre le tasse nazionali e locali ai lavoratori, ai pensionati e alle imprese che investono e assumono».