La cultura a Roma arranca e non solo per i tagli nei bilanci delle amministrazioni che si sono succedute nel corso del tempo nella città eterna. È «ferma» per mancanza di progettualità, di un pensiero e di professionalità capaci di governare una macchina invero complicata. Ne è convinta Natalia Di Iorio che si occupa stabilmente di teatro, promuovendo spettacoli, ideandoli e sviluppando progetti culturali in Italia e all’estero. Ha lavorato con Leo De Berardinis, Pippo Delbono, il Living Theatre, Fabrizio Gifuni, Toni Servillo. Nel 1994 ha fondato con alcuni operatori dell’Associazione Cadmo Le vie dei Festival, una manifestazione romana assurta a fama nazionale con un cartellone fitto di maestri della nuova scena contemporanea come William Kentridge, Alain Platel e il Belarus Free Theatre.

Per due anni è stata assistente dell’allora direttore del teatro di Roma Mario Martone e da quattro stagioni è consulente per la Direzione Artistica del Teatro Franco Parenti di Milano. Negli ultimi tempi il suo nome è stato inserito nella rosa dei papabili sia alla presidenza che alla direzione artistica del Teatro di Roma, dopo che a pochi mesi dalla nomina alla direzione artistica, Ninni Cutaia è stato definito «incompatibile» alla carica. Una proposta che è sembrata da fuori solo una sorta di specchietto per le allodole, perché le decisioni erano già state prese in altre sedi. Alla direzione artistica dello stabile capitolino c’è ora Antonio Calbi.

Per chi osserva la situazione dall’esterno la situazione capitolina sembra quasi una follia: dopo il trionfo alle europee del Pd con percentuali bulgare, a Roma si sfiora il 42%, Flavia Barca l’assessore alla cultura si dimette….

La verità è che all’interno del Pd romano – io non sono iscritta ma è una sensazione che ho – ci sono molte anime e in qualche maniera sono in contrasto fra di loro e il gioco sulla mia candidatura è lì a testimoniarlo. Ma non è il solo, ti faccio un esempio. Lo scorso anno mi sono trovata nel paradosso di sapere che non c’erano più soldi per fare Le vie dei festival e le manifestazioni dell’autunno. La giunta precedente (Alemanno, ndr) aveva fatto il bando per l’estate romana 2013, poi esaminato dall’amministrazione entrante. Quando vengono decise le manifestazioni ammesse, non trovo Le vie dei festival. Telefono e mi viene detto: «sei tu che ti sbagli, leggi bene. Quello era il primo elenco: il tuo festival si organizza a ottobre vedrai che sarai nel prossimo». Io mi scuso e aspetto: luglio, agosto, metà settembre ma ovviamente non ci siamo. Cosa era successo? Una settimana prima viene fatto un ulteriore taglio, ancora peggiore dell’estate romana… Ma non voglio farne un caso personale, dentro c’erano rassegne come Roma jazz festival, Roma poesia, Nuova Consonanza che sono state l’ossatura della cultura a Roma per tanti anni, dai tempi di Renato Nicolini. Un’operazione del tipo, ’abbiamo salvato l’estate romana, del resto non ci importa nulla’. Con che criterio vengono tenuti i bilanci? È come se tu dicessi che gli autobus si fermano a dicembre ’perché sono finiti i soldi’. Ma scherziamo?
Poi c’è stata la vicenda degli incarichi al teatro di Roma e tu hai dato la disponibilità…
Confermo. Non ho accettato la presidenza perché sarebbe stata a titolo gratuito, io vivo del mio lavoro non ho altre entrate e non potevo permettermelo. Invece ho dato la mia disponibilità all’incarico di direttore artistico perché era retribuito e perché credo di saperlo fare. A me piace lavorare e non apparire, ma la tendenza italiana è l’esatto contrario…
Possiamo dire quindi che a Roma si ’sistemano’ solo alcune situazioni: un nome su tutti il Festival del cinema di Roma in deficit perenne ancora finanziato dal Campidoglio..
È tutto un’anomalia. Prendiamo il caso di Romaeuropa, in un primo momento un pesantissimo taglio che ne mina la prosecuzione poi si trova la soluzione. La nuova legge regionale prevede che la Regione entri a far parte di Romaeuropa – e che a questo punto resta fuori dai bandi – con un finanziamento fisso di 500 mila euro l’anno. E così Romaeuropa è stata messa a posto, e va benissimo: ma perché gli altri no? Altrimenti tutto rischia di trasformarsi in una guerra tra poveri. Questo «caso» è chiaramente un gesto politico, è questa la ragione per cui non può esistere una politica culturale a Roma. Non c’è un interlocutore a cui possa presentare i miei progetti. Io non ho più vent’anni e le mie energie stanno scemando, devo capire se posso spenderle ancora qui o andare definitivamente altrove.
E in effetti stai lavorando da quattro anni con il teatro Parenti a Milano. Una città dove un’anomalia come quella romana non è nemmeno lontanamente immaginabile. Eppure non è esente da scandali e finanziamenti occulti. Il caso Expò è solo quello più recente..
C’è una differenza sostanziale tra le due città: a Milano ci sono delle strutture che funzionano. Strutture create negli anni ottanta con le amministrazioni di allora, che pur con tutti i difetti hanno investito su alcune strutture cittadine e le hanno fatto crescere. Ho accettato l’incarico a quella meraviglia di teatro che è il Parenti perché sanno lavorare. Lo abbiamo cambiato e ora è sempre pieno, ma non è il solo: ogni sera si riempie l’Elfo e anche il Piccolo. Mi viene una rabbia, possibile che non lo posso fare a Roma?
Per salvare Roma dal fallimento si rincorrono emiri, sponsor privati. Forse più semplicemente mancano idee e competenze..
Esatto. Puoi pompare soldi quanto vuoi, e certo servono, ma Roma può essere salvata solo se c’è una volontà politica e dei referenti politici che abbiano voglia e capacità intellettuali di capire. E allora ridiamo il teatro in mano ai teatranti che sanno come farli marciare.