E quindi un piccolo virus, tassonomicamente non inquadrato fra gli esseri viventi, ha scoperchiato il vaso di Pandora. Da questo moderno vaso stanno uscendo moderni mali, da molto tempo denunciati da esperti e celati anche con una buona dose di mala fede. Erano stati denunciati da scienziati ambientali, medici, virologi, ecologi, biologi, climatologi ,impegnati assieme,come spesso accade quando si tratta di studi dedicati all’ambiente.

David Quamman, scrittore e giornalista scientifico, nel 2012 scrisse Spillover (ed. Adelphi), termine traducibile con «tracimazione» o «fuoriuscita». L’autore esamina e indaga epidemie del recente passato e singoli episodi virali confinati in alcune lontane parti del mondo.

È come se un investigatore si sia messo alla ricerca dell’assassino. Ha unito studi e ricerche, come si uniscono le prove di un delitto e i gridi di allarme di virologi ed ecologi. E cercando il luogo del delitto, ne ha trovati molteplici.

I DELITTI si addensano soprattutto «là dove si abbattono gli alberi e si uccide la fauna,e i germi del posto si trovano a volare in giro come polvere che si alza dalle macerie». Addirittura Bill Gates, in un seminario pubblico del 2015, avvertiva che il futuro rischio dell’umanità non sarebbe risieduto nelle bombe atomiche ma nelle epidemie globali.

Cosa stavano cercando di trasmettere? Si riferivano al fenomeno delle «zoonosi» ossia al trasferimento di malattie dagli animali all’uomo. Le malattie dell’uomo neI 75% dei casi sono causate da trasmissioni dagli animali che trasportano patogeni quali batteri, virus, parassiti o protozoi, e nel 60% questi animali sono di origine selvatica.

In condizioni ideali, dove l’ambiente è preservato in tutte le sue funzioni ecologiche complesse, le malattie infettive sono interazioni ecologiche ricorrenti : i patogeni si manifestano e si estinguono continuo senza danneggiare. Ma le condizioni oggi non sono più quelle ideali. Per cui da qualche decennio abbiamo a che fare con eventi zoonotici sempre più frequenti e sempre più dannosi.

Ma Darwin, come il «guardiano della soglia» – ruolo descritto da Joseph Campbell in L’eroe dai mille volti e da Christopher Vogler ne Il viaggio dell’Eroe – ci aveva già avvertiti. Non siamo altro che animali legati a tutti gli altri esseri viventi, dagli alberi agli insetti allo fitoplancton ai grandi mammiferi, con i quali condividiamo da sempre origine, evoluzione, salute e malattie. E purtroppo ce ne scordiamo spesso.

NEGLI ULTIMI decenni si è diffusa un’epidemia in media ogni due anni. In Cina, nel 2002, la SARS (la Sindrome Respiratoria Acuta Grave) è partita da un coronavirus dei pipistrelli passato all’uomo attraverso un piccolo mammifero carnivoro simile a una donnola. Nel 2003 l’influenza aviaria detta H5N1 è partita in Cina da uccelli selvatici che hanno infettato uccelli allevati. Nel 2009, l’influenza suina (H1N1), originata negli Stati Uniti e in Messico. Nel 2012 la MERS (Sindrome Respiratoria Medio Orientale) è partita da dromedari in Arabia Saudita.

Nel 2013, in Cina, l’influenza aviaria (H7N9) è partita da altri uccelli selvatici. E andando a ritroso l’elenco continua con l’Ebola, apparsa per la prima volta nel 1976 nella Repubblica Democratica del Congo; l’HIV1, manifestato nella sua gravità solo all’inizio degli anni ’80, ma di cui gli studi hanno rivelato lo spillover nel 1908 dal SIV degli scimpanzè; l’Hendra, in Australia, nel 1994 dai pipistrelli. E ancora più indietro lo spillover della malaria che, secondo gli studi, appare tra i 5000 e i 6000 anni fa in seguito alle prime aggregazioni umane verificatesi con lo sviluppo dell’agricoltura .

Oggi con la pandemia del COVID-19 affrontiamo una malattia virale trasmessa ancora una volta da un piccolo pipistrello selvatico che viene venduto ancora vivo nei mercati asiatici detti wet-market (come a Wuhan), e che, tramite sangue o liquidi, si è trasferita all’uomo.

Queste zoonosi emergenti, di cui l’elenco appena fatto non è esaustivo, preoccupano particolarmente poiché stanno comparendo dall’inizio del secolo scorso con un ritmo sempre più frequente che non ha precedenti nella storia umana. Sia ben inteso: i virus non appaiono all’improvviso senza ragione. Anch’essi sono soggetti alle leggi dell’evoluzione e integrati nelle interrelazioni ecologiche, che, se cambiate per interventi esterni, cambieranno esigenze e dunque strategie, sì da garantirsi nuove occasioni per la propria sopravvivenza.

UN VIRUS NON appare per caso. In natura vive nascosto in una specie detta «serbatoio», con il quale convive senza arrecargli danno perché con questo si è coevoluto. Dove alta è la biodiversità, dove numerose sono le specie, dove gli equilibri non sono intaccati, il virus prosegue la sua vita nascosto. Quando l’azione dell’uomo sconvolge gli equilibri degli ecosistemi naturali, mettendo in difficoltà l’ospite «serbatoio», il virus salta di specie e ne trova una nuova, non adattata alla sua presenza e la specie nuova si trasforma in ospite di «amplificazione», dove il virus è libero di replicarsi.

Ed ecco che è pronto per lo spillover (il salto) verso altre specie. Ma l’attenzione politica, mediatica e sanitaria si accende soltanto all’ultimo, quando ad essere colpito è l’uomo. In ritardo rispetto alle preoccupazioni degli scienziati che da anni parlano di pandemie da zoonosi, accennando anche al «Next Big One», la prossima grande epidemia.

DOBBIAMO CAMBIARE approccio se vogliamo evitare il prossimo spillover. Invece di inseguire la malattia, solo con cure pur necessarie e auspicabili come i vaccini, bisogna evitare che si manifesti. Per fare questo bisogna frenare la fame di tutto quello che l’Homo sapiens ha sviluppato,

I ricercatori parlano di «One Health», ovvero la salute dell’uomo e quella della natura sono strettamente connesse, ovvero non esiste futuro per la salute dell’uomo se non all’interno di un Pianeta a sua volta sano.

«Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato»: sono le parole di papa Francesco sotto la pioggia in una Piazza San Pietro vuota e scura durante l’Urbi et Orbi.

È il «tempo della scelta»…le soluzioni le abbiamo, se solamente le volontà politiche, economiche e sociali fossero in grado di ascoltarle.

* Biologo marino, direttore sede romana della Stazione Zoologica Anton Dohrn