«Cosa proverebbe un israeliano se un Paese non lo lasciasse entrare perché appoggia la colonizzazione», domandava lunedì sera Allison Kaplan Sommer, su Haaretz, poco dopo l’approvazione da parte della Knesset della legge, nota come “anti-Bds”, che vieta visti di ingresso e permessi di residenza a cittadini stranieri che appoggiano «il boicottaggio economico, culturale o accademico» di Israele e delle colonie in Cisgiordania. Un interrogativo che gli israeliani dovrebbero porsi mentre, molti di loro, applaudono al voto della Knesset.

La legge è, di fatto, già in vigore da lungo tempo, ben prima della sua approvazione. Un cittadino straniero da sempre può vedersi negare l’ingresso se identificato dalle autorità israeliane come un simpatizzante della causa palestinese. Non bisogna essere un attivista del Bds, la campagna di boicottaggio di Israele per le sue politiche verso i palestinesi, per essere rispediti a casa. Al “Ben Gurion” di Tel Aviv è sufficiente dichiarare alla luce del sole l’intenzione di voler andare, ad esempio a Nablus o Jenin in Cisgiordania, soltanto per una visita turistica, per essere fermati e interrogati dal personale della sicurezza aeroportuale e rischiare il “denied entry” sul passaporto. Nell’ultimo anno però le misure si sono fatte più strette per contrastare i sostenitori del Bds, individuati spesso grazie a ciò che postano su facebook e twitter. I più “attenzionati” sono i giovani ma anche le persone anziane sono sotto la lente di ingrandimento. Nelle scorse settimane una 60enne italiana ha avuto l’ingresso negato al terminal di Taba. Prima di lei una pacifista 75enne, con storiche relazioni in Israele e nei Territori palestinesi, si è vista comunicare all’aeroporto che potrà tornare solo con l’autorizzazione del ministero dell’interno israeliano. Alla fine del 2016 l’attivista Isabel Piri si è vista rifiutare l’ingresso perché fa parte del Consiglio mondiale delle Chiese che sostiene il boicottaggio dei prodotti delle colonie israeliane. Qualche giorno fa è stato negato il visto di lavoro al direttore di Human Rights Watch in Palestina e Israele, Omar Shakir.
Secondo Israele la legge appena approvata ha il fine di combattere l’antisemitismo. «Se qualcuno mi insulta non lo lascio entrare a casa mia», spiega il deputato del Likud David Amsalem presidente della commissione interni della Knesset. Uno dei promotori della legge anti-Bds, Roy Folkman (del partito centrista Kulanu) parla di passo necessario per difendere «Il nome e l’onore d’Israele». Un suo collega del partito ultranazionalista Casa ebraica, Bezalel Smotrich, afferma che «Impedire ai sostenitori del Bds di venire qui è il minimo che possiamo fare per combattere chi odia Israele». Ben diverso è il giudizio del movimento pacifista “Peace Now” secondo il quale la nuova legge «è una chiara violazione della libertà di espressione”. Per la Lista araba unita la Knesset vuole «Far tacere il dissenso sulle politiche israeliane». Simile il giudizio della parlamentare del Meretz Tamar Zandberg. Questo provvedimento, ha detto, «vuole negare la libertà di espressione. Colpisce chi boicotta Israele ma non fa alcuna distinzione fra Israele e le colonie».

La nuova legge non sembra aver intimidito i comitati del Bds in giro per il mondo che annunciano una intensificazione delle loro iniziative. Il 1 marzo peraltro il Consiglio degli Studenti dell’Università di Torino ha approvato a larga maggioranza una mozione che sostiene il boicottaggio accademico di Israele e chiede l’annullamento degli accordi di cooperazione con il Technion di Haifa. Gli studenti spiegano che la mozione è un «mezzo di lotta non violenta per porre fine alle costanti violazioni del diritto internazionale da parte dello Stato d’Israele». Il voto è stato condannato con forza dalla Giovane Kehila, il movimento giovanile della comunità italiana in Israele.

Non ha rischiato il “denied entry” ma potrebbe affrontare contestazioni il noto attore americano Richard Gere che in un’intervista data a Yediot Ahronot prima del suo arrivo ieri a Tel Aviv, ha detto che «l’occupazione israeliana dei Territori deve terminare. L’occupazione distrugge tutti, da tutte le parti».