Dalle parole ai fatti. Il prossimo 3 dicembre i Loyal White Knights of the Ku Klux Klan hanno dato appuntamento a tutti «i patrioti bianchi» del paese per una «parata della vittoria» in onore del nuovo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Il luogo non è stato ancora indicato, per il momento si sa solo che avverrà nella Carolina del Nord, lo swing-state che il candidato repubblicano si è aggiudicato di un soffio grazie ad appena il 51% dei consensi. Non si tratta di una scelta casuale. Come già aveva sostenuto nei giorni scorsi l’ex leader del Klan, David Duke, i suprematisti bianchi tendono infatti ad accreditare l’idea che i voti provenienti dal loro ambiente sono stati determinanti per il candidato repubblicano in alcune parti d’America.

Uno scenario poco credibile dato che questi gruppi, spesso molto pericolosi, non godono però fortunatamente di alcun vero seguito. Ciò non toglie che quanti a vario titolo si rifanno al suprematismo bianco, una galassia dove da tempo convergono gli eredi espliciti del Kkk con i neonazisti, le bande skinheads ed ogni sorta di formazioni razziste e antisemite, abbiano offerto, al pari dei movimenti nativisti e anti-immigrati e al circuito delle associazioni di difesa del II emendamento, un sostegno concreto alla campagna di Trump e si preparino ora, specie di fronte alle proteste degli antirazzisti e delle associazioni afroamericane, a difendere la vittoria di quello che considerano come un «eroe della razza bianca». Del resto, come ha sottolineato Mark Potok, direttore del Southern Poverty Law Center, la maggiore istituzione antirazzista del paese, «i toni della campagna di Trump hanno contribuito a legittimare nel dibattito pubblico le idee del suprematismo bianco come non accadeva dai tempi del governatore segregazionista dell’Alabama George Wallace».

I festeggiamenti di questi giorni arrivano perciò, come detto, dopo che l’impegno dell’estrema destra razzista si è fatto notare a lungo in favore di Trump. Figure di primo piano del circuito suprematista, come gli animatori del National Policy Institute che promuove «l’eredità, l’identità e il futuro degli euro-americani», del Council of Conservative Citizens come della League of the South dell’Alabama e perfino i neonazisti di Daily Stormer e dell’American Nazi Party hanno più volte annunciato che avrebbero schierato i propri militanti a favore del miliardario. Già nel corso delle primarie repubblicane, negli Stati di Iowa, New Hampshire, Vermont, Minnesota e Utah dagli ambienti del suprematismo bianco e dagli aderenti all’American Freedom Party, piccola ma ramificata sigla di questo ambiente, è sorto addirittura l’American National Super Pac, un comitato di raccolta fondi e di sostegno alla candidatura di Trump che si è occupato di contattare telefonicamente diverse migliaia di elettori, legati agli ambienti «cristiani e nazionalisti». Allo stesso modo, in California, “le truppe” del Traditionalist Worker Party, sigla del suprematismo legata al network neonazista dei Golden State Skinheads, hanno dato vita a violenti scontri con i manifestanti antirazzisti a Sacramento per difendere «il diritto alla parola» di Trump e hanno presidiato come una sorta di servizio d’ordine informale i suoi comizi e la stessa convention repubblicana di Cleveland.

Quanto ai Loyal White Knights of the Ku Klux Klan, nati nel 2012 a Pelham, una cittadina non lontana dall’area industriale di Burlington a pochi chilometri dal confine tra la Virginia e la Carolina del Nord, si sono fatti notare lo scorso anno per aver organizzato, insieme ai militanti del National Socialist Movement, alcune manifestazioni di protesta nella Carolina del Sud dopo che le autorità locali avevano deciso di rimuovere la bandiera confederata dal parlamento statale.
La propaganda del gruppo, che i ricercatori del Southern Poverty Law Center, stimano tra i più attivi del piccolo revival del klan che si è registrato negli ultimi anni – le diverse formazioni che si rifanno alla sinistra tradizione degli incappucciati sono passate dalle 72 del 2014 alle 190 dello scorso anno e raccoglierebbero complessivamente tra i 5mila e gli 8mila membri -, ha toccato però anche altri Stati del Sud come Louisiana, Georgia e Texas, oltre ad alcuni sobborghi urbani bianchi dell’Illinois e della Pennsylvania, contribuendo anche alla nascita del cosiddetto circuito del “White lives matter”, in contrapposizione alle proteste del movimento “Black lives matter” contro lo stillicidio di morti violente di uomini neri per mano delle forze dell’ordine.

Quanto alla decisione di organizzare la sfilata pro-Trump nella Carolina del Nord, può essere letta anche come una ulteriore provocazione rispetto al clima di indignazione che sta montando nel paese per l’elezione del tycoon visto che proprio da queste parti, in particolare nella città di Greensboro, ha avuto luogo nel 1979 una delle stragi più recenti, e tuttora impunite, compiute dal klan. Nel novembre di quell’anno, alcuni membri dell’Invisible Empire, Knights of the Ku Klux Klan, insieme ad un gruppo di neonazisti, sparano contro sindacalisti e militanti di estrema sinistra che stavano cercando di organizzare i lavoratori delle locali manifatture del tabacco, facendo cinque vittime e nove feriti; dopo due gradi di giudizio, ma con giurie composte quasi unicamente da bianchi, i responsabili della strage sono stati però tutti assolti.