Mattarella parlava, Cartabia applaudiva. Se si cerca un commento della ministra della giustizia alla lunga parte del discorso del presidente che ha preso di petto la giustizia, non si ottiene molto. Se non che la reazione della guardasigilli è stata preventiva, nel senso che ieri mattina, prima del giuramento di Mattarella, è stata a palazzo Chigi e ha incontrato il presidente del Consiglio Draghi. Per fare il punto ancora una volta sulla riforma del Csm, «urgente» e «ineludibile» come ha più volte detto il capo dello stato.

Eppure è una riforma in ritardo, visto che dopo gli scandali che ne hanno messo a rischio la tenuta, il Consiglio superiore dovrà essere rinnovato a luglio. Non può finire, dicono tutti, che il nuovo Csm venga eletto con le vecchie regole. I tempi sono stretti. Anche se la parte che riguarda il Csm è fuori dalla delega al governo ed è dunque di diretta applicazione, servirà qualche settimana per i regolamenti. Tanto che già si sente parlare di slittamento a settembre della elezione. Cartabia ha dato più di un segnale di una certa irritazione quando, parlando in parlamento per l’apertura dell’anno giudiziario, ha scaricato su palazzo Chigi la responsabilità dell’attesa. Lei ha cominciato a lavorare alle modifiche del vecchio testo Bonafede addirittura a luglio scorso. Poi la corsia veloce l’hanno presa le riforma dei codici di procedura penale e civile. E a fine 2021, qualcosa ha consigliato a Draghi di rallentare.

Che fosse stata l’intenzione di non scottarsi con la giustizia nel momento in cui pensava di traslocare al Quirinale, o fosse stata la volontà di proteggere la sua ministra dai malumori della maggioranza considerandola una buona candidata per palazzo Chigi al posto suo, la causa della prudenza del premier è la stessa. La riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario è ancora materia incandescente per la maggioranza. Non c’è intesa neanche sul punto di partenza, il criterio base della nuova legge elettorale per la componente togata del Consiglio. Forza Italia e Lega hanno raccattato dalla polvere la bandiera grillina del sorteggio, il Pd resta contrario.

Molta confusione c’è anche nella magistratura, visto che un referendum-sondaggio promosso un po’ a malincuore tra i suoi iscritti dall’Associazione nazionale magistrati (e tenutosi all’ombra della rielezione di Mattarella) ha visto prevalere il no al sorteggio non in modo travolgente. Netta invece la preferenza per un sistema elettorale proporzionale, anche se va detto che l’affluenza è rimasta bassa: ha votato più o meno un magistrato su due.

Ieri intanto, mentre Cartabia incontrava Draghi, la commissione giustizia della camera che ha in carico la riforma ha preparato il suo calendario dei lavori, rinviando all’altra settimana la questione (non che l’argomento che la precede sia meno impegnativo del Csm per la maggioranza, visto che anche sulle modifiche all’ergastolo ostativo imposte dalla Corte costituzionale circolano idee assai diverse).

Nel suo discorso Mattarella ha parlato anche delle carceri: «Dignità è un Paese dove le carceri non siano sovraffollate e assicurino il reinserimento sociale dei detenuti, questa è anche la migliore garanzia di sicurezza». Cartabia, raccontano, ha apprezzato assai questo passaggio, così come il rigoroso richiamo alle responsabilità della magistratura. «Il richiamo alla dignità dei detenuti è altrettanto importante di quello alla necessaria e urgente riforma del Csm – dice il capogruppo Pd in commissione giustizia, il deputato Alfredo Bazoli – mi auguro che le forze politiche raccolgono l’appello a non trasformare la giustizia in un terreno di scontro politico».

Ma già Salvini, costretto dal tampone a dover chiamare al telefono Mattarella per fargli le congratulazioni, fa sapere di avergli detto: «Grazie, ma se le istituzioni resteranno ferme saranno i cittadini italiani a tradurre in realtà concreta quel che Lei ha chiesto oggi, con i referendum».