Davanti a Montecitorio alcuni giovani militanti del Nuovo centrodestra manifestano cantando «La preferenza, vogliamo la preferenza», sulle note di Guantanamera. Se volevano fare breccia nel palazzo, hanno sbagliato decisamente giorno, oltre che numero di partecipanti al presidio. Dentro succede di tutto, commissioni «occupate», deputati «sequestrati» (almeno così si sentono alcuni di loro) la presidente Laura Boldrini asserragliata nel suo ufficio con le porte a vetri blindati chiuse a chiave, inedito nella storia della camera, a quanto si narra. I 5 Stelle hanno evidentemente deciso che è il momento giusto per aprire il parlamento come una scatoletta di tonno, e si stanno dando molto da fare.

Ancora: il capogruppo del Pd Roberto Speranza che vorrebbe parlare alle tv in sala stampa e invece gli tocca il grillino Alessandro Di Battista che lo accusa di togliere «il pane al popolo che ha fame» ma almeno il corpo a corpo viene evitato. E poi denunce che volano: quella delle deputate Pd contro il 5Stelle Massimo De Rosa che l’altra notte si è distinto per i pesanti insulti sessisti contro Alessandra Moretti e altre deputate, stigmatizzati poi in aula da Laura Boldrini. E la richiesta di dimissioni del questore della camera di Scelta civica, Stefano Dambruoso, per il man rovescio assestato mercoledì sera in aula, in pieno caos, alla stellata Loredana Lupo.
E l’ufficio di presidenza di Montecitorio che apre un’istruttoria prospettando sanzioni nei confronti dei 5Stelle scatenati ma pure contro il manesco Dambruoso. E i grillini che presentano la richiesta di «impeachment» per Napolitano, ma pure un ricorso alla Consulta perché venga annullato il voto di martedì sera sul decreto Imu-Bankitalia e quelli di ieri mattina nelle commissioni, sulla legge elettorale e sulle carceri. E il deputato lettiano Francesco Sanna, infine, non esclude che la magistratura possa aprire un’inchiesta sulla base dei resoconti parlamentari e di stampa, perché «otto o nove 5Stelle bloccavano la porta della commissione, e saremmo potuti uscire solo con la forza». Insomma, come avevano fatto i dem Emanuele Fiano e Nico Stumpo, usciti a spintoni e portati via dai colleghi per evitare la rissa.

L’«occupazione» della commissione affari costituzionali, dunque. La seduta è convocata per le 10,30 per discutere la legge elettorale: si fa per dire, il testo in realtà è blindatissimo da Renzi e Berlusconi. I commessi presidiano la sala in forze, per evitare che i 5 Stelle la occupino. I 5S protestano, vogliono entrare anche quelli che non fanno parte della commissione, il presidente Francesco Paolo Sisto imbastisce una trattativa, entrano prima i membri della affari costituzionali poi gli altri, propone. Finisce che non tutti i commissari riescono a arrivare in tempo, perché nel caos Paolo Sisto fa votare in fretta e furia solo il testo base da portare in aula senza gli emendamenti concordati da R&B, con il mandato al relatore, lo stesso Sisto. La votazione lampo è un parapiglia, mani di deputati seduti che si alzano dietro un muro pensastellato da cui si levano i «vergognati», «non ti permettere», «venduto», «ma fate schifo», commessi che non sanno bene cosa fare, i 5 Stelle che chiedono la verifica dei voti gridando alla «dittatura» e poi Alessandro Di Battista, sempre lui, presumibilmente caricato dall’incontro del giorno prima con Casaleggio, che si piazza in piedi davanti a Gianni Cuperlo, seduto al di là del tavolo, e gli impartisce una lezione di democrazia versione stellata, «Gianni, non puoi votare una legge con un condannato», perché lo vuole proprio convincere ma «sembrava un processo del popolo» – testimonierà più tardi Sanna – e va avanti per un po’ mentre Cuperlo resta impietrito a fissare un punto imprecisato mentre sull’uscio si sfiora appunto la rissa (poi i commessi aprono un’altra porta).

Prima ancora, il 5Stelle Vittorio Ferraresi si era fatto trovare seduto ai banchi della presidenza della commissione giustizia dai deputati arrivati per esaminare il dl carceri. Alla presidente Donatella Ferranti aveva spiegato che non si sarebbe mosso finché Boldrini e Dambruoso non si fossero dimessi. Risultato: Ferranti convoca la seduta in un’altra aula e si vota il mandato al relatore.
Le ultime pazze ore di Montecitorio, a partire dalla rissa di martedì sera sul decreto Bankitalia, precipitano nell’aula della camera convocata alle 13 sulla legge elettorale, ma prima c’è da approvare il processo verbale del giorno prima e non è una passeggiata. I 5 Stelle non ci sono (disertano anche l’aula del senato) a parte Loredana Lupo e Danilo Toninelli. Fa discutere anche la «tagliola» fatta scattare da Boldrini per non far decadere il decreto Imu-Bankitalia (piaciuta praticamente solo al Pd), Boldrini denuncia invece i «comportamenti ed episodi gravissimi avvenuti ieri, del tutto estranei ad ogni prassi democratica». Il capogruppo Pd Speranza sostiene che far decadere il decreto avrebbe significato una «violazione della sovranità parlamentare», visto che senato e camera avevano già votato la fiducia (e allora non si capisce che senso avrebbe il voto finale su un provvedimento, se bastasse la fiducia). E tra solidarietà a Bodrini, alle deputate insultate o maltrattate, quando si arriva a affrontare quanto accaduto in commissione affari costituzionali non sono solo i 5Stelle a voler fare almeno qualche appunto. La votazione lampo senza che tutti fossero arrivati non è piaciuta ai Fratelli d’Italia, sottolinea La Russa, né all’Ndc: «E avvenuta un po’ in fretta e furia», osserva Antonio Leone. E il leghista Matteo Bragantini rivela un retroscena: «So, mi hanno detto, che si erano messi d’accordo gli esponenti di Pd e di Forza Italia, per arrivare prima. Ma la Commissione non è un accordo tra partiti». Si chiede che il voto in commissione venga ripetuto. Niente da fare. Di prima mattina ospite di Belpietro su Canale 5 Matteo Renzi protestava: «I grillini hanno trasformato il Parlamento in un ring, bloccando la democrazia». Sarà l’Italicun a farla ripartire spedita?. Difficile, date le premesse. E oggi a Roma arriva pure Beppe Grillo.