«Onore ai vincitori. Noi non siamo come tutti gli altri che non ammettono mai di aver perso, anche di fronte all’evidenza». E’ il 27 maggio scorso e l’onorevole Alessandro Di Battista ammette onestamente il flop elettorale fatto registrare dal M5S alle elezioni europee. Poche ore dopo la stessa cosa, seppure con qualche giustificazione, fa un altro fedelissimo di Grillo come Luigi Di Maio: «Non credo ai brogli – dice il vicepresidente della Camera – sicuramente ci sono stati degli errori ai seggi. Ci sono dei presidenti che non conoscono nemmeno bene i regolamenti e quindi possono fare errori». E’ passata appena una settimana dalle dichiarazioni rese da due tra i più autorevoli esponenti del M5S, ed ecco che Beppe Grillo rovescia come al solito il piatto e sfodera la più classica tra le scuse degli sconfitti, cominciando a insinuare il sospetto di presunti brogli elettorali a favore del Pd e chiedendo di «avviare una verifica del voto, soprattutto in quei seggi ’rossi’ dove già in passato si sono verificati brogli». E visto che c’è, ne approfitta per attaccare nuovamente il sindaco di Parma Federico Pizzarotti, mentre da Londra Nigel Farage – il discusso leader dell’Ukip con cui Grillo e Casaleggio vogliono a tutti i costi fare gruppo comune all’europarlamento – non risparmia parole a suo favore definendolo «un intrattenitore, una persona divertente», con la quale sente di avere molto in comune: «Come me Grillo crede in una democrazia diretta – dice il leader populista -. Il nostro obiettivo è un grande gruppo euroscettico, non estremista ma che abbia al suo interno delle anime differenti».
Sono dunque i presunti brogli elettorali la nuova trincea dentro la quale Grillo prova ora a schierare il suo movimento. Una manovra diversiva, l’ennesima, pensata nella speranza di riunificare un movimento ormai lacerato non solo dalla sconfitta elettorale, ma anche dalla decisione di stringere un’alleanza con l’Ukip senza prima averla discussa con nessuno, né con i gruppi parlamentari né con la rete. Mal di pancia ai quali si sono aggiunte anche le critiche dello staff della comunicazione alla Camera per il modo i cui Grillo e Casaleggio hanno condotto la campagna elettorale. Troppe critiche, e troppo pericolose, perché coinvolgono anche la rete. Il leader sceglie quindi di giocare al carta dei brogli, che sa tanto di un tentativo per per ricompattare le truppe almeno per qualche giorno. «Broglio si, broglio no: la terra dei cachi». è il titolo del post in cui il leader parla di «stupro alla logica del credere». «Con la chiusura degli spogli (europee 2014 – n.d.A.) e la percentuale fantomatica del 41% al Pd il sospetto di brogli è ragionevole» scrive, accompagnando i sospetti con la pubblicazione di alcuni Exit poll italiani diffusi in Gran Bretagna e in cui alle ore 20 il M5S viene dato al 29,9%, circa un punto in più del Pd, attestato al 28,8%.

Ma ieri è stato anche il giorno in cui Grillo è tornato ad attaccare Pizzarotti, indicato da più parti come possibile punto di riferimento dei delusi del M5S. L’occasione per farlo è una specie di classifica dei sindaci pentastellati più graditi agli elettori stilata sulla base dei voti conquistai nelle città rispettivamente governate. Il risultato vede in testa Mario Puddu, sindaco di Assemini, con il 42,51% e in fondo l’eccezione» Pizzarotti con il 19,11% di Parma. Per Grillo è la prova che il sindaco non gode più del gradimento degli attivisti, possibile anticamera dell’espulsione.
In realtà la spiegazione di Grillo potrebbe non essere l’unica utile a capire quanto accaduto a Parma. Secondo uno studio dell’Istituto Cattaneo di Bologna, ci sono infatti almeno due cause per la cattiva performance elettorale: «Da una parte – scrivono i ricercatori – si potrebbe ipotizzare una disaffezione nei confronti di Pizzarotti, dall’altra la disaffezione potrebbe essere di segno opposto: verso la leadership di Grillo che ha più volte criticato il sindaco».

Intanto Grillo deve prendere atto delle critiche che arrivano da due importanti punti di riferimento nell’universo a 5 stelle come Dario Fo e il giudice emerito della Cassazione Ferdinando Imposimato per l’alleanza con Farage: «Stai attento, c’entra poco con i 5 stelle», gli ha detto il premio Nobel. Più esplicito Imposimato, per il quale il capo dell’Ukip «è un pazzo scatenato, la quintessenza del razzismo e del nazionalismo».