I ritardi nel voto si fanno sentire anche in Campania, dove l’affluenza ai seggi alle 23 era sotto la media nazionale al 67,7%; del 60,51 a Napoli. In attesa dei dati, i 5S iniziano a cantare vittoria. A Pomigliano d’Arco ieri mattina per votare, Luigi Di Maio si è fatto largo tra i simpatizzanti che gli urlavano «Presidente, presidente!» e poi subito a Roma per la nottata elettorale. Non prima però di aver salutato la folla dal predellino dell’auto, un’immagine che rimanda al Silvio Berlusconi del 2007. «È sempre un’emozione essere qui» il discorso ai fan. Per strada si commenta: «È un onore avere come concittadino un leader nazionale».
La città alle porte di Napoli ha un passato industriale e un presente difficile. Nel 2010 erano in 5mila a lavorare in Fiat, la cura Marchionne ne ha tenuti circa 2mila sulle linee e altrettanti fuori, tuttora in attesa di rientrare. A Pomigliano il Pci aveva una delle sue Stalingrado ma il voto operaio ha voltato le spalle al Pd. Le ultime due tornate comunali hanno premiato il centrodestra: l’ex socialista Lello Russo è stato eletto per la seconda volta nel 2015 con il 55% dei voti sotto le insegne di Forza Italia. Se il centrodestra a Pomigliano reggerà all’urto di Di Maio sarà grazie al consenso del primo cittadino.
Il Pd non ci ha neppure provato: candidato all’uninominale è Antonio Falcone, sindaco di San Vitaliano, un comune di circa 6mila abitanti. Il voto degli ex Ds finirà in parte a Liberi e Uguali. Forza Italia ha cercato di arginare l’avanzata 5S con una candidatura mediatica, Vittorio Sgarbi: il critico d’arte si è prodotto in una serie di show che non spostano voti. Nel 2010 Di Maio si presentò come consigliere comunale e prese soltanto 57 preferenze, il candidato sindaco 5S si fermò al 2,5%. Alle politiche del 2013 i pentastellati erano saliti al 25,4%.
A Napoli ritorna la sfida centrodestra pentastellati. Il Pd è dato in calo sulla media nazionale. Alle politiche del 2013 i dem e il Pdl pareggiarono al 25%, i 5 Stelle poco sotto al 24,4%. Alle comunali del 2016 il Pd è precipitato all’11,6%: non solo per l’effetto de Magistris, ma per una perdita di consenso che Renzi sembra aver innescato appena conquistata la presidenza del consiglio con il braccio di ferro con il comune su Bagnoli. Renzi si è presentato in città al Senato e ha fatto la campagna elettorale spingendo un unico candidato, Paolo Siani, il fratello del giornalista del Mattino ucciso dalla camorra nel 1985. Un endorsement che potrebbe aver danneggiato più che aiutato Siani, al punto che il pediatra ha fatto le sue ultime uscite pubbliche senza le insegne del Pd.
Le candidature del Movimento 5 Stelle in città sono state gestite da Roberto Fico, lanciato proprio alla conquista del collegio di Bagnoli. Fico si era schierato contro l’introduzione del capo politico ma poi ha siglato la tregua con Di Maio e adesso è in corsa per la presidenza della Camera.
Il centrodestra a Napoli ha in pista la forzista Mara Carfagna ma anche Luciano Passariello, esponente di FdI indagato per l’inchiesta di Fanpage Bloody money su tangenti e rifiuti. Potere al Popolo ha denunciato tentativi di brogli a Scampia. Spiega Viola Carofalo: «Il nostro rappresentante di lista è stato accerchiato e minacciato. Protagonisti dell’aggressione persone legate ai clan locali, che compravano voti per 20 euro a beneficio della Lega». Mentre i 5 Stelle hanno accusato Marco Nonno di FdI di aver fatto pressioni sui votanti a Pianura.
Gli unici collegi considerati sicuri per il Pd sono a Salerno, dove regna Vincenzo De Luca. Nel 2013 i dem presero il 29%. Il governatore campano è andato a votare con il figlio Roberto, anche lui finito nell’inchiesta di Fanpage e costretto poi a dare le dimissioni da assessore a Salerno.
Il fratello Piero era candidato alla camera, la sua doveva essere una cavalcata trionfale ma le immagini sul presunto giro di mazzette hanno cambiato la temperatura della campagna elettorale al punto da dover assoldare la security per tenere i giornalisti lontani. Piero era in corsa anche a Caserta e il padre si è attivato: comizi in entrambi i collegi con promesse di investimenti mirabolanti, «un miliardo per Salerno» assicurato appena quattro giorni fa.