Nonostante il cessate il fuoco raggiunto martedì grazie alla mediazione russa, i nuovi scontri lungo il confine tra Armenia e Azerbaigian allontanano la prospettiva di un trattato di pace che stabilizzi il Caucaso meridionale dopo decenni di guerra.

Tra accuse reciproche e informazioni discordanti che tipicamente caratterizzano i botta e risposta tra Erevan e Baku, è sempre più urgente avviare un processo di demarcazione dei confini: necessità ribadita anche da Mosca dopo una telefonata tra Vladimir Putin e il premier armeno Nikol Pashinyan.

Allo stato attuale il bilancio di morti e feriti rimane incerto a causa dei numeri discordanti diffusi dai due paesi (dove la propaganda caratterizza ancora il dibattito politico): tuttavia, è indubbio che gli scontri siano i più gravi dall’escalation del settembre 2020, conclusa con il ritorno all’Azerbaigian del Nagorno-Karabakh e dei sette distretti limitrofi.

Il ministero della Difesa armeno parla di una vittima e 13 militari catturati dall’esercito di Baku (con altri 24 dispersi), mentre le forze azerbaigiane avrebbero riportato 70 vittime e diversi veicoli militari distrutti. Totalmente opposta la versione di Baku, che ha annunciato sette morti e dieci feriti. A questi numeri si aggiungono rapporti non confermati, che parlano di 12 o anche 15 vittime tra i militari armeni.

Gli scontri hanno interessato le province di Syunik (Armenia) e Kelbajar (Azerbaigian) dopo alcune provocazioni al confine, ma dettagli importanti sono arrivati da fonti non ufficiali. Il canale Telegram Wargonzo ha riferito che le forze di Baku sarebbero penetrate nelle alture lungo l’autostrada Erevan-Goris, informazioni che sembrerebbero trovare conferma in una breve nota di Erevan, che ha comunicato martedì di aver perso due postazioni di combattimento senza fornire ulteriori dettagli.

L’area ha una notevole importanza strategica dovuta alla città di Sisian, il cui aeroporto verrebbe usato dai peacekeeper russi e anche dai separatisti dell’Artsakh per forniture logistiche. Mentre la comunità internazionale invoca la cessazione delle ostilità, le tensioni mettono nuovamente in difficoltà Pashinyan, costantemente sotto attacco da parte dell’opposizione dopo la disfatta dello scorso settembre.

Gli oppositori del premier non hanno perso tempo: dopo un intervento di Pashinyan in Parlamento, in cui ha ribadito la disponibilità di Erevan a un trattato di pace e affermato che «gli equilibri non sono cambiati in alcun modo», la forza di opposizione Alleanza Armenia ha annunciato di voler bloccare i lavori parlamentari, accusando le autorità di non avere «la minima idea delle sfide che il Paese sta affrontando».