Sono ben 6.000 i lavoratori dell’indotto che rischiano il licenziamento con la chiusura del sito di Gosselies.

È un vero e proprio dramma sociale quello che si è abbattuto in Belgio con la chiusura del sito di Gosselies della multinazionale americana Caterpillar, nel sud del Belgio a pochi chilometri da Charleroi.

Il colosso americano, leader mondiale del genio civile, ha licenziato 2.000 lavoratori, in maggioranza con mansione di operaio. Una decisione comunicata improvvisamente mentre gli stessi operai erano sul posto di lavoro con un semplice sms, nell’imbarazzo generale dei rappresentanti sindacali e delle autorità pubbliche che avevano sostenuto e finanziato con fondi pubblici la ristrutturazione dell’azienda del 2013.

Le ragioni della scelta sono state argomentate da un dirigente aziendale, Mark Thompson, venuto direttamente dalle sede centrale dell’Illinois, in lingua inglese durante una veloce conferenza stampa, motivate dalla necessità di delocalizzare al fine di aumentare i benefici dell’azienda.

Inoltre il sito belga sarebbe troppo grande rispetto alla reale capacità produttiva e quindi troppo costoso in termini di manutenzione. Eppure, secondo fonti sindacali locali, l’azienda non era in perdita ed il piano di ristrutturazione del 2013, costato il posto di lavoro a 1.400 operai, ne aveva permesso il rilancio.

L’azienda aveva inoltre previsto un fondo di investimento da 150 milioni di euro, con il sostegno pubblico per 20 milioni di euro da parte della regione della Vallonia. «Controlleremo tutti gli aiuti dati all’azienda e valuteremo la possibilità della restituzione», ha dichiarato a caldo il ministro-presidente della regione vallona Paul Magnette ai microfoni della televisione pubblica francofona Rtbf.

Il dramma sociale che si annuncia su una provincia già duramente toccata dallo smantellamento progressivo dell’indotto dell’industria pesante (una delle principali mete della migrazione italiana della seconda metà del ’900) rischia di essere molto più grande.

Sarebbero oltre 4.000 i lavoratori di una decina di aziende legate alla multinazionale Caterpillar (molte delle quali hanno come unico cliente il colosso americano) a rischiare il licenziamento o la cassa integrazione. Una vera e propria doccia fredda per il governo federale Michel (primo ministro di con una coalizione di centro-destra), accusato dall’opposizione in seguito all’ultima riforma del lavoro di essere troppo indulgente con le aziende a discapito dei lavoratori.

Una vicenda che rischia di ripetersi in altri paesi europei come l’Irlanda, il Regno Unito e l’Italia, nel caso in cui la chiusura del sito di Gosselies non fosse che l’inizio di una delocalizzazione di altre strutture produttive verso la Cina o gli stessi Stati Uniti, dove il costo del lavoro è decisamente più basso.