La domanda a Giuseppe Conte l’aveva posta Enrico Letta, una decina di giorni fa, quando si incontrarono a pranzo in un ristorante al centro di Roma: «Ma tu li controlli tutti, i tuoi parlamentari?». In quel momento, il presidente del Movimento 5 Stelle sapeva di avere un problema alla Camera, dove più che uno scontro tra correnti e visioni politiche alternative tra i grillini vige il caos e una specie di rassegnazione da fine legislatura. E invece Conte ha scoperto che anche il Senato, l’ala del parlamento che riteneva fosse il suo avamposto, non risponde alle sue indicazioni. Così, la prima votazione per il capogruppo con relativo direttivo si è conclusa con una fumata nera: l’uscente Ettore Licheri e la sfidante Mariolina Castellone hanno ottenuto 36 voti a testa. Serve la maggioranza assoluta dei 74 senatori 5 Stelle.

Se ne riparla la settimana prossima. Conte ha ottenuto sette giorni,ha evitato che si votasse subito, perché ha bisogno di trovare una soluzione che non dia il segnale di una frattura. Parla del voto di mercoledì sera come «il sintomo positivo di una dialettica interna sana e costruttiva». Non si può dire che Castellone sia da considerare una sua antagonista. Ma parliamoci chiaro: in questo momento nel M5S nessuno lo contrasta apertamente. Di certo, non è quella la figura che il capo politico avrebbe gradito al vertice del gruppo a Palazzo Madama. Conte nega che il testa a testa in qualche modo indebolisca la sua leadership: «Castellone ha più volte espresso il suo appoggio al nuovo corso», ripete a chi lo interpella.

Il fatto è che la senatrice di Giugliano, ricercatrice e membro della commissione sanità, sarebbe pure disposta a trovare una sintesi. Ma i suoi le spiegano che può vincere, visto che le due senatrici assenti alla prima votazione, Giulia Lupo e Grazia D’Angelo, non le sono ostili. «Castellone? Tendenzialmente potrei votarla – dice all’Adnkronos Lupo – Al momento sono una sorta di ago della bilancia. La prossima settimana sarò presente alla votazione». D’Angelo è più sibillina: «Il voto è segreto. Licheri e Castellone sono persone di grande spessore. Ettore ha svolto il suo incarico in maniera degna, ha dovuto superare una fase di difficoltà del M5S; Mariolina ha grandi potenzialità e capacità, può essere un degno successore di Ettore».

Nel frattempo, Conte sente che si stringe la morsa dei due gemelli diversi del Movimento 5 Stelle delle origini, su fronti ormai incompatibili tra loro eppure convergenti nell’indebolire la leadership. Da un lato c’è Alessandro Di Battista, che per la prima volta in un’intervista a Tpi dice di «non escludere» la possibilità che possa creare una sua forza politica. Da personaggio pubblico che comincia ad avere una certa esperienza in fatto di self-marketing fa discendere tutto dal tour che sta intraprendendo in questi mesi. «Potrebbe avere successo soltanto a fronte di una richiesta collettiva – sono le parole di Di Battista – Capirò con il tour se esiste questa domanda. Sicuramente c’è un enorme vuoto politico. Ma ci vuole molto tempo. Casaleggio ci mise 5 anni a creare il M5S».
Dall’altro c’è Luigi Di Maio, l’altra sera visto a cena in solitaria con il leghista filo-Draghi Giancarlo Giorgetti. La discussione tra i due, al momento, sicuramente oltrepassa gli schemi di partiti ma non fotografa posizioni speculari. Di Maio non ha alcun motivo di schierarsi nettamente come ha fatto il suo collega di governo Giorgetti. Aspetta che Conte compia la sua opera di ricostruzione e nel frattempo costruisce le sue relazioni istituzionali. Un paracadute non da poco nel caso il M5S dovesse implodere.